
Anno di prima pubblicazione: 2004
Edito da: Bergamo Film Meeting
Voto: 8/10
Pagg.: 136
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Uscita in occasione della retrospettiva
dedicata ad Andrej Tarkovskij nel 2004 dal Bergamo Film Meeting,
questa monografia sul regista russo, curata da Angelo Signorelli,
inizia con una prefazione di quest’ultimo, creata ad hoc per la
seconda edizione del volume, uscita in formato e-book dopo il rapido
esaurimento della versione cartacea.
La prefazione precede l’introduzione
di Tullio Masoni e Paolo Vecchi, tratta dal “Castoro” del 1997,
che resta il vero punto di riferimento per chi voglia approfondire
l’opera del Maestro russo morto nel 1986.
Andrea Frambosi esamina quindi il suo
primo lungometraggio, L’infanzia di Ivan, un progetto
accettato dal neo-diplomato Tarkovskij mentre era già in corso di
produzione e la Mosfilm aveva rimosso il precedente regista
incaricato, Eduard Abalov, perché non soddisfatta dal suo modo di
operare. Frambosi pesca a piene mani dal “Castoro” di Masoni –
Vecchi, come confessa fin dal principio, ed insieme a L’infanzia
di Ivan parla diffusamente anche de Il rullo compressore e il
violino, il precedente mediometraggio con cui Tarkovskij si era
diplomato al VGIK, la più prestigiosa scuola di cinematografia
dell’Unione Sovietica.
Francesco Cattaneo si occupa
dell’Andrej Rublëv, secondo film di Tarkovskij nonché
primo tra quelli che vengono generalmente indicati come i capolavori
del regista. La recensione di Cattaneo è complessa ed astratta quasi
quanto il film stesso, ma del resto chi si approccia ad un regista
come Tarkovskij deve mettere in conto un grado di approfondimento
intellettuale sicuramente oltre la media.
Marco Dell’Oro recensisce Solaris,
il film di maggior successo internazionale, anche a causa
dell’accostamento con il 2001: Odissea nello spazio di
Kubrick, un parallelo che il commentatore si affretta ad accantonare,
ma che per certi versi è inevitabile.
Il commento a Lo specchio è
affidato ad Adriano Piccardi, attuale direttore di Cineforum, rivista
di riferimento per i cinefili e la critica italiani. Altro film molto
complesso del Maestro russo, Lo specchio è forse quello in
cui più si riscontrano elementi autobiografici, che causarono al
regista molte critiche, anche da alcuni suoi storici collaboratori,
come il direttore della fotografia Vadim Jusov, che aveva curato fino
ad allora le lenti di tutte le sue pellicole (compreso Il rullo
compressore e il violino), ma che si rifiutò di farlo per
quest’opera apparentemente pretenziosa ed egocentrica (salvo poi
ammettere – come fece proprio Jusov – che si trattava del suo
miglior film uscito fino a quel momento).
Il curatore Angelo Signorelli si occupa
dunque di Stalker, altro capolavoro di Tarkovskij, quello in
cui il regista riuscì nel suo non facile intento di proporre un film
di fantascienza in cui i clichè tipici del genere fossero pressoché
ininfluenti. Ed infatti Stalker è un’opera complessa
(l’ennesima), a cavallo tra filosofia, religione e psicologia, in
cui il contorno distopico è solo un pretesto per costruire una
storia affascinante e ricca di suspense, ma soprattutto
intellettualmente profonda e destabilizzante. La recensione di
Signorelli è forse la più semplice e lineare tra quelle presenti
nella monografia, o quanto meno quella meno intricata e più
comprensibile.
Gli ultimi due film diretti dal regista
russo prima della morte, Nostalghia e Sacrificio, non
erano stati oggetto della rassegna del Bergamo Film Meeting e dunque
per essi ci si limita a riportare ampi stralci del commento di Masoni
e Vecchi tratti dal già citato “Castoro”. La rassegna era
infatti dedicata ai film di Tarkovskij girati in Russia e questi due
sono invece noti come “i film dell’esilio”, girati
rispettivamente in Italia (Nostalghia, con la collaborazione
di Tonino Guerra) e in Svezia (Sacrificio), dopo l’ostracismo
intellettuale subito dal regista in patria.
In appendice è presente una lunga
sezione denominata Antologia Tarkovskijana che riporta, per
ciascun film, scritti, interviste e discorsi dello stesso regista,
tratti dai suoi libri (soprattutto da Scolpire il tempo) e
diari (Martirologio). È inoltre presente la celebre lettera
scritta nel 1963 da Jean-Paul Sartre all’Unità, con cui il
filosofo francese difese a spada tratta la prima opera di Tarkovskij,
quel L’infanzia di Ivan che aveva ricevuto ingiuste e
pesanti stroncature da parte di critici sovietici ma anche italiani,
soprattutto dopo la vittoria del Leone d’oro al Festival del Cinema
di Venezia.
L’unica opera per cui non sono
riportate parole dirette del regista è Sacrificio, completato
ed uscito quando egli era ammalato di cancro e si avviava a morire
sul finire del 1986. Per Sacrificio viene dunque riportato uno
scritto del collaboratore di Tarkovskij Micha Leszczylowski, che ne
curò il montaggio e la post-produzione durante la degenza del
Maestro. È l’occasione per un appassionato ricordo, che conclude –
insieme ad una ricca filmografia curata da Andrea Frambosi –
quest’opera assolutamente imperdibile per i fan del più grande
regista russo della seconda metà del Novecento.
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