
Anno di prima pubblicazione: 1997
Edito da: Il Castoro
Voto: 8/10
Pagg.: 133
___
Uscito nel 1997, a poco più di dieci
anni dalla scomparsa del Maestro russo, il “Castoro” dedicato ad
Andrej Tarkovskij da Tullio Masoni e Paolo Vecchi segue quello del
1977 di Achille Frezzato, scritto quando il regista era in piena
attività e doveva ancora creare tre dei suoi sette lungometraggi,
Stalker, Nostalghia e Sacrificio.
Una seconda edizione del Masoni-Vecchi è uscita nel 2005, purtroppo anch'essa andata esaurita. Per potersi cimentare con questo testo fondamentale per la comprensione dell'opera tarkovskijana, occorre dunque ricercare tra le bancarelle dell'usato, nelle biblioteche, oppure acquistare l'e-book. Per gli scettici del digitale non resta che sperare in una riedizione da parte della casa editrice Il Castoro, che non può lasciare aperta una lacuna simile per il più grande regista russo della seconda metà del Novecento.
Una seconda edizione del Masoni-Vecchi è uscita nel 2005, purtroppo anch'essa andata esaurita. Per potersi cimentare con questo testo fondamentale per la comprensione dell'opera tarkovskijana, occorre dunque ricercare tra le bancarelle dell'usato, nelle biblioteche, oppure acquistare l'e-book. Per gli scettici del digitale non resta che sperare in una riedizione da parte della casa editrice Il Castoro, che non può lasciare aperta una lacuna simile per il più grande regista russo della seconda metà del Novecento.
I libro di Masoni-Vecchi si apre - come
d'uso per i “quadrati” de Il Castoro - con una carrellata di
citazioni tratte da interviste e soprattutto dalla ricchissima
produzione saggistica del regista, che in vita scrisse diversi libri
in cui esprimeva la sua concezione della settima arte (tra cui il
preziosissimo Scolpire il tempo).
Il Piccolo dizionario tarkovskijano
è suddiviso per argomenti: dall'acqua, elemento tanto caro al
cineasta russo, al tema della catastrofe, che ricorre negli
ultimi lungometraggi; dai suoi pensieri sui padri letterari della
Russia, Dostoevkskij e Tolstoj, alle concezioni sul montaggio,
spesso in disaccordo con l'altro grande del cinema russo del
Novecento, Sergej Ėjzenštejn, contro cui Tarkovskij si schiera
soprattutto per la sua teoria del montaggio delle attrazioni.
Dopo una breve introduzione biografica,
i due critici analizzano in primis il rapporto tra il regista e la
sua terra, quella Russia nella quale non fu mai veramente amato e da
cui dovette auto-esiliarsi negli anni Ottanta, lasciando la famiglia
e andando a produrre i suoi ultimi due film, Nostalghia e
Sacrificio, rispettivamente in Italia e in Svezia. Due Paesi
scelti forse non a caso, dato che tra i registi più amati da
Tarkovskij vi erano - oltre a Dovženko, Bresson e Buñuel -
Antonioni e Bergman.
Tarkovskij morirà a Parigi (a soli cinquantaquattro anni) negli
ultimi giorni del 1986, a pochi mesi dall'uscita di Sacrificio:
“tardi per rompere l'esilio, accogliendo le offerte del nuovo
regime sovietico, e presto per assistere al terremoto che in un
batter d'occhio avrebbe cambiato lo scenario dell'Est europeo”.
Si passa dunque all'analisi dettagliata
dei suoi sette lungometraggi:
- L'infanzia di Ivan, del 1962,
una produzione che ereditò dopo l'allontanamento da parte della
Mosfilm del regista precedentemente incaricato, ma che gli diede
l'occasione di esordire;
- Andrej Rublëv (1966), primo
film concepito e diretto da Tarkovskij e considerato uno dei suoi
capolavori, sebbene sia anche una delle sue opere più complesse;
- Solaris, del 1972, con cui il
Maestro si cimentò nel genere fantascientifico, ancorché questo sia
soltanto un contorno ed un pretesto per dipingere le proprie
concezioni sulla psicologia e la condizione umana;
- Lo specchio, film
semi-autobiografico del 1975, che costituisce probabilmente l'opera
più pretenziosa del regista, che infatti iniziò a ricevere accuse
da più parti, inclusi i suoi storici collaboratori (il direttore
della fotografia Vadim Jusov si rifiutò di prendere parte al film,
salvo poi pentirsene);
- con Stalker (1979), Tarkovskij
tornava ad un soggetto fantascientifico (rectius
post-apocalittico / catastrofico); rispetto a Solaris, con
Stalker il regista riuscì in pieno nel suo intento di
relegare la fantascienza a mero contorno di un'opera profonda, che
rimane tra le sue migliori;
- Nostalghia, del 1983, è il
primo film dell'esilio, prodotto in Italia in collaborazione con lo
sceneggiatore Tonino Guerra; considerata un'opera minore, ha comunque
un grande fascino visivo;
- ultimo lungometraggio di Tarkovskij è
Sacrificio /
Offret, uscito a metà del 1986, poco più di sei mesi prima
della morte del Maestro, che infatti non riuscì a seguire per intero
la post-produzione.
Oltre ai sette lungometraggi a
soggetto, vengono anche analizzati Il rullo compressore e il
violino (1960), il mediometraggio con cui Tarkovskij si diplomò
al VGIK, la più importante scuola di cinematografia dell'Unione
Sovietica, e Tempo di viaggio (1983), il documentario, ideato
dallo stesso regista insieme a Tonino Guerra, che illustra il viaggio
in Italia di Tarkovskij e la genesi del film Nostalghia.
Masoni e Vecchi concludono questo testo
fondamentale per chiunque voglia approfondire l'opera del Maestro
russo con un breve paragrafo in cui si analizza – in modo purtroppo un po' sbrigativo – l'eredità di Tarkovskij sul cinema contemporaneo,
lasciando la chiusura alle parole di un grandissimo come Ingmar
Bergman, al cui giudizio perentorio è inutile aggiungere qualsiasi
commento:
“Il film, quando non è un
documentario, è un sogno. È per questo che Tarkovskij è il più
grande di tutti. Si sposta con sicurezza nello spazio dei sogni, non
spiega nulla, e d'altronde, cosa potrebbe spiegare? È un visionario
che è riuscito a mettere in scena le sue visioni grazie al medium
più pesante, ma anche più duttile. Ho bussato tutta la vita alla
porta di quei luoghi in cui lui si sposta con tanta sicurezza. Solo
qualche rara volta sono riuscito a intrufolarmi”.
Nessun commento:
Posta un commento