Fu proprio Gernsback a coniare l’espressione “scientific fiction”, per descrivere il genere narrativo delle storie presentate nella rivista. Un termine che fu poi contratto in “scientifiction”, quindi nell’attuale science fiction (abbreviato spesso in Sci-Fi).
La traduzione nell’italiano “fantascienza” è attribuita all’editore Giorgio Monicelli (fratello del più noto regista Mario), che nel 1952 fondò la celebre collana Urania.
Il genere fantascientifico mischia aspetti scientifici-tecnologici (dotati di un certo grado di attendibilità) a elementi dell’immaginazione pura, e ha il suo precursore nel romanzo scientifico dell’Ottocento.
Un genere che ebbe i suoi massimi esponenti nel francese Jules Verne e nel britannico H.G. Wells, ma che trova un antesignano, a sua volta, nel Frankenstein di Mary Shelley (1818), il romanzo che deviò l’allora diffuso romanzo gotico verso tematiche medico-scientifiche (è infatti generalmente considerato sia come uno dei vertici raggiunti dal gotico, almeno come popolarità, sia come romanzo proto-fantascientifico per eccellenza).
Come detto, il romanzo scientifico ebbe i suoi autori di spicco in Jules Verne, che con i suoi Viaggio al centro della Terra (del 1864), Dalla Terra alla Luna (del 1865) e Ventimila leghe sotto i mari (del 1870), rappresenta uno dei più grandi visionari della storia della letteratura, capace addirittura, con le sue novelle, di ispirare le scienze del Novecento.
Se Mary Shelley è la madrina della fantascienza, Verne ne è senza dubbio il padre.
Dopo Verne, assai importanti furono i contributi di Edwin Abbott Abbott (con il suo originalissimo Flatlandia, del 1884, che ancora oggi è un cult tra gli studenti di materie scientifiche), e soprattutto H.G. Wells, che scrisse diversi romanzi proto-fantascientifici a cui il mondo del cinema ancora oggi continua ad ispirarsi (La macchina del tempo, del 1895 – L’uomo invisibile, dello stesso anno – La guerra dei Mondi, del 1897).
A parte tali precursori generalmente “accreditati”, non si può non pensare a molti altri scrittori che, più o meno direttamente, hanno affrontato tali temi.
Se il primo viaggio immaginario verso la Luna può esser fatto risalire addirittura all’epoca della Roma imperiale (il greco Luciano di Samosata con il suo La storia vera), non si può non rilevare come, prima di Verne, tale tema fu affrontato da diversi altri autori, a cominciare da Giovanni Keplero con il suo Somnium, del 1634 (anch’esso considerato da alcuni come la prima opera di fantascienza), per proseguire con Cyrano de Bergerac (L'altro mondo o Gli stati e gli imperi della luna del 1657) e l’onnipresente Edgar Allan Poe, che con il suo L'incomparabile avventura di un certo Hans Pfaall, del 1835, merita il titolo di innovatore-precursore anche nel ramo della science fiction.
Ma elementi proto-fantascientifici sono ravvisabili anche in molti altri romanzi: basti pensare ai Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift e ai molti racconti ambientati in un più o meno avveniristico futuro apparsi tra il Settecento e l’Ottocento.
Fatto sta che per parlare di fantascienza (o di precursori della fantascienza) occorre un certo grado di attendibilità e descrizione scientifica (ecco perché, ad esempio, opere come il Micromega di Voltaire non sono accostabili a tale genere letterario).
Ed ecco dunque Hugo Gernsback e le sue Amazing Stories. L’editore, nel dare il via ad un genere che diverrà popolarissimo, non dimenticava per l’appunto i celebri precursori, dichiarando di voler pubblicare romanzi sul genere di quelli creati da Verne, H.G. Wells ed E.A. Poe.
La fantascienza raggiunge ben presto la sua “età dell’oro”, a cavallo tra gli anni ’40 e ’50 del Novecento: autori come Isaac Asimov, Robert A. Heinlein, Ray Bradbury, vennero ben presto acclamati come i padri della fantascienza moderna.
A cavallo dei due decenni, la seconda guerra mondiale e le tensioni atomiche portarono da un generale clima positivo e ottimistico che aleggiava nella fantascienza della prima metà del Novecento, ad un atteggiamento disfattista e pessimistico (in particolare con Philip K. Dick).
È dello stesso periodo, infatti, il boom della corrente letteraria cosiddetta “distopica” (in contrapposizione alle Utopie del ‘500): alcuni romanzi distopici si collocano al confine con il genere fantascientifico, mischiandosi o no con esso a seconda della presenza o meno (rectius, della preponderanza o meno) di elementi scientifico-tecnologici al loro interno. Il confine è tuttavia piuttosto labile: generalmente si ritiene fantascienza distopica il Fahrenheit 451 di Ray Bradbury e romanzo distopico (per eccellenza) il 1984 di George Orwell.
La continua commistione, nella seconda metà del Novecento, tra cinema e letteratura di fantascienza, ha portato ad influenze reciproche, come, ad esempio, nel caso della rinascita di un filone più “classico”, per certi versi "epico", della fantascienza (la cosiddetta space opera) a seguito del successo di Guerre Stellari e Star Trek.
Di contro, lo sviluppo delle nuove tecnologie informatiche (per il vero anch’esse preconizzate dalla letteratura) ha portato allo sviluppo di un filone ad hoc, il cyberpunk (che è stato per l’appunto prima precursore poi continuatore di tali sviluppi).
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