8 luglio 2016

David Lean, di Mario Sesti

David Lean, di Mario Sesti

Anno di prima pubblicazione: 1988

Edito da: La Nuova Italia

Voto: 8/10

Pagg.: 104

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Il fatto che libri come questo siano oggi fuori catalogo è non solo preoccupante, ma un vero peccato.
In meno di cento pagine il critico cinematografico Mario Sesti traccia un panorama discretamente approfondito della figura e della filmografia di David Lean, regista inglese tra i più grandi del Novecento, forse il più grande insieme a Hitchcock, il quale è indubbiamente più noto come personaggio, anche se Lean può di contro vantare al suo attivo film di successo e popolarità assoluti (basti pensare a Lawrence d'Arabia o a Il dottor Zivago, quest'ultimo tra le pellicole più viste della storia del cinema).
Sesti parte descrivendo la lunga gavetta fatta da Lean come montatore (di quelli all'antica, che tenevano le forbici in mano e facevano scorrere la pellicola tra le dita).
L'incontro con il commediografo Noel Coward lo porta ad una lunga collaborazione con quest'ultimo, che lo lancerà dietro la macchina da presa proponendogli la co-regia di Eroi del mare (1942).
Seguiranno altri tre film in cui Lean si occuperà della regia in solitaria, lasciando a Coward la definizione del soggetto, della sceneggiatura o la produzione. Una collaborazione che culminerà nel capolavoro Breve incontro (1945), ritenuto uno dei film inglesi più importanti del periodo e in generale del Novecento.
Dopo Breve incontro, quarto film della coppia (i due centrali sono La famiglia Gibbon e Spirito allegro), Lean si emanciperà da Coward lanciandosi (insieme a Ronald Neame) nel mondo delle trasposizioni dickensiane, ambito già esplorato da vari cineasti ma senza risultati entusiasmanti. Le due pellicole prodotte in questo periodo, Grandi speranze e Le avventure di Oliver Twist, sono due buoni successi (soprattutto il primo, ritenuto una delle migliori trasposizioni da Dickens del Novecento).
É da questi due film, girati nell'immediato secondo dopoguerra, che Lean comincia la lunga collaborazione con il suo attore feticcio, Sir Alec Guinness.
Dopo Oliver Twist inizia un lungo periodo intermedio in cui Lean dirige, tra il 1949 e il 1955, cinque film (Sogno d'amanti, L'amore segreto di Madeleine, Ali del futuro, Hobson il tiranno, Tempo d'estate) che costituiscono una lunga transizione verso il kolossal, cui il regista inglese giunge con quello che è considerato uno dei suoi capolavori: Il ponte sul fiume Kwai, l'indimenticabile film di guerra del 1957.
E' il primo dei pluri-premiati film di Lean, con ben sette Oscar (stesso numero di quelli vinti da Lawrence d'Arabia, mentre per Doctor Zhivago saranno cinque).
Con il film seguente, il successo cresce ulteriormente, soprattutto dal punto di vista degli incassi e della popolarità: Lawrence d'Arabia, uscito nel 1962, è uno dei kolossal per antonomasia, il cui fascino esotico ammalierà centinaia di milioni di spettatori in tutto il mondo.
Ma il successo di pubblico sarà addirittura destinato ad aumentare con il successivo Il dottor Zivago (1965), una delle pellicole per le quali sono stati staccati il maggior numero di biglietti nella storia del cinema (l'ottava di sempre per incassi, rivalutati secondo l'inflazione), ma che gli varrà, questa volta, le prime diffuse critiche da parte degli addetti ai lavori.
È in occasione dei suoi due più grandi successi di pubblico che cominciano alcuni sodalizi artistici con una serie di collaboratori che seguiranno Lean nelle sue opere successive: lo sceneggiatore Robert Bolt, il direttore della fotografia Freddie Young, il musicista Maurice Jarre, solo per citare alcuni dei professionisti che accompagneranno il regista anche in La figlia di Ryan (1970) e Passaggio in India (1984).
Questi due film, gli ultimi diretti da Lean, non riscossero successo analogo ai precedenti, ma ne confermarono lo stile leggiadro ed elegante, fortemente british.

Il libro di Sesti si apre - come di consueto nelle edizioni della collana Il Castoro Cinema (qui ancora edita da La Nuova Italia) - con una sezione in cui si riportano frammenti di interviste e di scritti, per raccontare il regista attraverso le sue stesse parole (“Lean su Lean”).
Dopo l'analisi approfondita dei suoi sedici film è presente una filmografia con le schede tecniche degli stessi, ma anche di quelli del suo periodo da montatore.
Chiude questo saggio - che è assolutamente imprescindibile per chi voglia studiare le opere di uno dei registi più amati d'Inghilterra - una ricca nota bibliografica.

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