Anno di prima pubblicazione: 1988
Edito da: La Nuova Italia
Voto: 8/10
Pagg.: 104
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Il fatto che libri come questo siano
oggi fuori catalogo è non solo preoccupante, ma un vero peccato.
In meno di cento pagine il critico
cinematografico Mario Sesti traccia un panorama discretamente
approfondito della figura e della filmografia di David Lean, regista
inglese tra i più grandi del Novecento, forse il più grande insieme
a Hitchcock, il quale è indubbiamente più noto come personaggio,
anche se Lean può di contro vantare al suo attivo film di successo e
popolarità assoluti (basti pensare a Lawrence d'Arabia o a Il
dottor Zivago, quest'ultimo tra le pellicole più viste della
storia del cinema).
Sesti parte descrivendo la lunga
gavetta fatta da Lean come montatore (di quelli all'antica, che
tenevano le forbici in mano e facevano scorrere la pellicola tra le
dita).
L'incontro con il commediografo Noel
Coward lo porta ad una lunga collaborazione con quest'ultimo, che lo
lancerà dietro la macchina da presa proponendogli la co-regia di
Eroi del mare (1942).
Seguiranno altri tre film in cui Lean
si occuperà della regia in solitaria, lasciando a Coward la
definizione del soggetto, della sceneggiatura o la produzione. Una
collaborazione che culminerà nel capolavoro Breve incontro
(1945), ritenuto uno dei film inglesi più importanti del periodo e
in generale del Novecento.
Dopo Breve incontro, quarto film
della coppia (i due centrali sono La famiglia Gibbon e Spirito
allegro), Lean si emanciperà da Coward lanciandosi (insieme a
Ronald Neame) nel mondo delle trasposizioni dickensiane, ambito già
esplorato da vari cineasti ma senza risultati entusiasmanti. Le due
pellicole prodotte in questo periodo, Grandi speranze e Le
avventure di Oliver Twist, sono due buoni successi (soprattutto
il primo, ritenuto una delle migliori trasposizioni da Dickens del
Novecento).
É da questi due film, girati
nell'immediato secondo dopoguerra, che Lean comincia la lunga
collaborazione con il suo attore feticcio, Sir Alec Guinness.
Dopo Oliver Twist inizia un
lungo periodo intermedio in cui Lean dirige, tra il 1949 e il 1955,
cinque film (Sogno d'amanti, L'amore segreto di Madeleine,
Ali del futuro, Hobson il tiranno, Tempo d'estate)
che costituiscono una lunga transizione verso il kolossal, cui il
regista inglese giunge con quello che è considerato uno dei suoi
capolavori: Il ponte sul fiume Kwai, l'indimenticabile film di
guerra del 1957.
E' il primo dei pluri-premiati film di
Lean, con ben sette Oscar (stesso numero di quelli vinti da Lawrence
d'Arabia, mentre per Doctor Zhivago saranno cinque).
Con il film seguente, il successo
cresce ulteriormente, soprattutto dal punto di vista degli incassi e
della popolarità: Lawrence d'Arabia,
uscito nel 1962, è uno dei kolossal per antonomasia,
il cui fascino esotico ammalierà centinaia di milioni di spettatori
in tutto il mondo.
Ma il successo di pubblico sarà
addirittura destinato ad aumentare con il successivo Il dottor
Zivago (1965), una delle
pellicole per le quali sono stati staccati il maggior numero di
biglietti nella storia del cinema (l'ottava di sempre per incassi,
rivalutati secondo l'inflazione), ma che gli varrà, questa volta, le
prime diffuse critiche da parte degli addetti ai lavori.
È in occasione dei suoi due più
grandi successi di pubblico che cominciano alcuni sodalizi artistici
con una serie di collaboratori che seguiranno Lean nelle sue opere
successive: lo sceneggiatore Robert Bolt, il direttore della
fotografia Freddie Young, il musicista Maurice Jarre, solo per citare
alcuni dei professionisti che accompagneranno il regista anche in La
figlia di Ryan (1970) e
Passaggio in India (1984).
Questi due film, gli ultimi diretti da
Lean, non riscossero successo analogo ai precedenti, ma ne
confermarono lo stile leggiadro ed elegante, fortemente british.
Il libro di Sesti si apre - come di
consueto nelle edizioni della collana Il Castoro Cinema (qui
ancora edita da La Nuova Italia) - con una sezione in cui si
riportano frammenti di interviste e di scritti, per raccontare il
regista attraverso le sue stesse parole (“Lean su Lean”).
Dopo l'analisi approfondita dei suoi
sedici film è presente una filmografia con le schede tecniche degli
stessi, ma anche di quelli del suo periodo da montatore.
Chiude questo saggio - che è
assolutamente imprescindibile per chi voglia studiare le opere di uno
dei registi più amati d'Inghilterra - una ricca nota bibliografica.
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