Anno di prima pubblicazione: 2000
Edito da: Rizzoli
Voto: 8/10
Pagg.: 148
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Provare paura è una delle reazioni più
naturali tra quelle che caratterizzano l'esistenza degli esseri
umani. È una reazione ad un pericolo (o a qualcosa che viene
ritenuto tale, più o meno ragionevolmente) che aiuta l'organismo ad
adattarsi all'ambiente circostante. Molto spesso la paura aiuta così
l'individuo a difendersi da un pericolo reale e concreto.
È difficile trovare qualcuno che non
abbia avuto paura di qualcosa durante la propria vita: di volare,
degli spazi chiusi, del buio, di stare da soli, del vuoto, degli
animali, di parlare in pubblico, delle malattie, di perdere delle
persone care. Il problema nasce quando la paura si trasforma in
fobia, quando si supera quel limite che tramuta la genuina reazione
al pericolo in un'ossessione patologica che può sfociare in attacchi
di panico.
Giorgio Nardone è uno psicologo e
psicoterapeuta italiano che, influenzato dalla Scuola di Palo Alto
(scuola di psicoterapia californiana che aveva elaborato, con grande
successo, la cosiddetta terapia breve), ha fondato, insieme ad uno
dei maggiori esponenti di quest'ultima, Paul Watzlawick, il Centro di
Terapia Strategica di Arezzo.
In questo libro, uno dei primi di una
lunga lista di opere sull'argomento, l'autore tratta il tema delle
paure e delle fobie, esponendo a grandi linee il suo metodo della
Terapia breve strategica.
Innanzitutto descrive come si forma una
patologia fobica: l'evitamento della situazione ritenuta di pericolo
è una delle maggiori cause che contribuiscono ad incrementare la
fobia; vi è poi la richiesta di aiuto, ossia il fatto di farsi
assistere da una persona nei momenti critici, fino a dipendere da
essa; altro fattore scatenante è l'eccesso di controllo (il
cosiddetto “controllo che fa perdere il controllo”), tipico, ad
esempio, degli ipocondriaci, ma non solo.
Si passa dunque ad una proposta di
classificazione delle patologie fobiche: le più classiche sono le
monofobie, la paura di singole realtà (un animale, una determinata
situazione, ecc.); meno comuni sono i casi di fobia generalizzata,
quella che l'autore definisce “la paura della paura che scatena
il panico”; vi sono poi le ossessioni compulsive che portano
l'individuo ad eseguire rituali o compiere inutilmente determinate
azioni in modo ripetitivo; infine troviamo le fobie post-traumatiche,
derivanti da un episodio che ha inciso sulla vita del soggetto e che
crea apprensione per il futuro (è il caso ad esempio di chi ha
subito un infarto e ha l'ossessione che ciò possa ripetersi).
Il metodo terapeutico di Nardone si
basa sull'utilizzo di stratagemmi che consentono al paziente di
affrontare la propria fobia mediante processi di distrazione
(l'agorafobico a cui viene chiesto di fare una piroetta ogni dieci
passi durante l'esecuzione di una commissione) oppure mediante
l'affrontamento diretto del fattore scatenante, la cui fobia viene di
proposito accresciuta e dilatata fino a farla diventare inoffensiva
(la strategia della “peggiore fantasia”, che consiste nel
ritagliarsi uno spazio di tempo quotidiano in cui pensare
continuamene e ossessivamente al proprio fattore di disagio). I
disturbi ossessivo compulsivi vengono invece trattati mediante
l'imposizione della ripetizione dell'azione o del rituale per un
numero di volte tale che porti infine il paziente a rendersi conto
dell'inutilità dello stesso.
Nella seconda parte del libro Nardone
illustra alcuni esempi concreti di pazienti che ha curato e delle
terapie consigliate per ciascuno di tali casi: si parte da una donna
con la fobia degli escrementi, comportamento che unisce una monofobia
a una ossessione compulsione (la necessità per la donna di lavarsi,
seguendo un determinato rituale, ogni qualvolta vedeva un
escremento). In questi casi di fobia “composta” la terapia è
doppia: da un lato, l'imposizione della sovrabbondante ripetizione
del comportamento ossessivo compulsivo; dall'altro, l'approfondimento
dell'oggetto della propria monofobia (viene consigliato alla donna di
leggere libri e articoli sugli escrementi) e il progressivo
riavvicinamento allo stesso (con la scusa di osservare l'oggetto dei
propri studi). È un approccio sicuramente interessante, che può
essere usato per tutte le monofobie, in particolare quelle che
coinvolgono animali (ed infatti lo si può ritrovare nel successivo
caso di una fobia dei piccioni).
Vi sono poi casi più tradizionali come
quelli della paura di parlare in pubblico (e qui si ricorre alla
tecnica della “peggiore fantasia”), di volare, di stare da soli e
di allontanarsi.
Altri casi interessanti sono quelli
della fobia degli specchi e quello della fissazione di essere brutto.
Seguono alcuni casi di ossessione
compulsione, un caso di paura di decidere e quello di un
ipocondriaco.
Un libro molto interessante, nonostante
l'evidente proposito dell'autore – peraltro comprensibile – di
pubblicizzare e sostenere la propria tecnica terapica, della quale
espone i successi (percentuali di riuscita attorno al 90% con una
media di soltanto sette sedute). Di contro vengono messi in cattiva
luce - anche se soltanto velatamente - gli altri metodi più
tradizionali, mediante l'esposizione di casi di successo che
psichiatri e psicanalisti non erano riusciti a risolvere.
Ma l'intento dell'autore non è
sicuramente quello di creare un dibattito scientifico sull'argomento,
considerato anche il taglio chiaramente divulgativo dell'opera,
destinata ad un pubblico vasto che può farsi un'idea riguardo uno
dei temi più interessanti della psicologia, quello delle fobie
patologiche, e di uno dei metodi con cui è possibile curarle.
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