14 gennaio 2017

Andrej Tarkovskij, di Tullio Masoni e Paolo Vecchi

Andrej Tarkovskij, di Tullio Masoni e Paolo Vecchi

Anno di prima pubblicazione: 1997

Edito da: Il Castoro

Voto: 8/10

Pagg.: 133

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Uscito nel 1997, a poco più di dieci anni dalla scomparsa del Maestro russo, il “Castoro” dedicato ad Andrej Tarkovskij da Tullio Masoni e Paolo Vecchi segue quello del 1977 di Achille Frezzato, scritto quando il regista era in piena attività e doveva ancora creare tre dei suoi sette lungometraggi, Stalker, Nostalghia e Sacrificio
Una seconda edizione del Masoni-Vecchi è uscita nel 2005, purtroppo anch'essa andata esaurita. Per potersi cimentare con questo testo fondamentale per la comprensione dell'opera tarkovskijana, occorre dunque ricercare tra le bancarelle dell'usato, nelle biblioteche, oppure acquistare l'e-book. Per gli scettici del digitale non resta che sperare in una riedizione da parte della casa editrice Il Castoro, che non può lasciare aperta una lacuna simile per il più grande regista russo della seconda metà del Novecento.

I libro di Masoni-Vecchi si apre - come d'uso per i “quadrati” de Il Castoro - con una carrellata di citazioni tratte da interviste e soprattutto dalla ricchissima produzione saggistica del regista, che in vita scrisse diversi libri in cui esprimeva la sua concezione della settima arte (tra cui il preziosissimo Scolpire il tempo).
Il Piccolo dizionario tarkovskijano è suddiviso per argomenti: dall'acqua, elemento tanto caro al cineasta russo, al tema della catastrofe, che ricorre negli ultimi lungometraggi; dai suoi pensieri sui padri letterari della Russia, Dostoevkskij e Tolstoj, alle concezioni sul montaggio, spesso in disaccordo con l'altro grande del cinema russo del Novecento, Sergej Ėjzenštejn, contro cui Tarkovskij si schiera soprattutto per la sua teoria del montaggio delle attrazioni.
Dopo una breve introduzione biografica, i due critici analizzano in primis il rapporto tra il regista e la sua terra, quella Russia nella quale non fu mai veramente amato e da cui dovette auto-esiliarsi negli anni Ottanta, lasciando la famiglia e andando a produrre i suoi ultimi due film, Nostalghia e Sacrificio, rispettivamente in Italia e in Svezia. Due Paesi scelti forse non a caso, dato che tra i registi più amati da Tarkovskij vi erano - oltre a Dovženko, Bresson e Buñuel - Antonioni e Bergman.
Tarkovskij morirà a Parigi (a soli cinquantaquattro anni) negli ultimi giorni del 1986, a pochi mesi dall'uscita di Sacrificio: “tardi per rompere l'esilio, accogliendo le offerte del nuovo regime sovietico, e presto per assistere al terremoto che in un batter d'occhio avrebbe cambiato lo scenario dell'Est europeo”.

Si passa dunque all'analisi dettagliata dei suoi sette lungometraggi:
- L'infanzia di Ivan, del 1962, una produzione che ereditò dopo l'allontanamento da parte della Mosfilm del regista precedentemente incaricato, ma che gli diede l'occasione di esordire;
- Andrej Rublëv (1966), primo film concepito e diretto da Tarkovskij e considerato uno dei suoi capolavori, sebbene sia anche una delle sue opere più complesse;
- Solaris, del 1972, con cui il Maestro si cimentò nel genere fantascientifico, ancorché questo sia soltanto un contorno ed un pretesto per dipingere le proprie concezioni sulla psicologia e la condizione umana;
- Lo specchio, film semi-autobiografico del 1975, che costituisce probabilmente l'opera più pretenziosa del regista, che infatti iniziò a ricevere accuse da più parti, inclusi i suoi storici collaboratori (il direttore della fotografia Vadim Jusov si rifiutò di prendere parte al film, salvo poi pentirsene);
- con Stalker (1979), Tarkovskij tornava ad un soggetto fantascientifico (rectius post-apocalittico / catastrofico); rispetto a Solaris, con Stalker il regista riuscì in pieno nel suo intento di relegare la fantascienza a mero contorno di un'opera profonda, che rimane tra le sue migliori;
- Nostalghia, del 1983, è il primo film dell'esilio, prodotto in Italia in collaborazione con lo sceneggiatore Tonino Guerra; considerata un'opera minore, ha comunque un grande fascino visivo;
- ultimo lungometraggio di Tarkovskij è Sacrificio / Offret, uscito a metà del 1986, poco più di sei mesi prima della morte del Maestro, che infatti non riuscì a seguire per intero la post-produzione.
Oltre ai sette lungometraggi a soggetto, vengono anche analizzati Il rullo compressore e il violino (1960), il mediometraggio con cui Tarkovskij si diplomò al VGIK, la più importante scuola di cinematografia dell'Unione Sovietica, e Tempo di viaggio (1983), il documentario, ideato dallo stesso regista insieme a Tonino Guerra, che illustra il viaggio in Italia di Tarkovskij e la genesi del film Nostalghia.
Masoni e Vecchi concludono questo testo fondamentale per chiunque voglia approfondire l'opera del Maestro russo con un breve paragrafo in cui si analizza – in modo purtroppo un po' sbrigativo – l'eredità di Tarkovskij sul cinema contemporaneo, lasciando la chiusura alle parole di un grandissimo come Ingmar Bergman, al cui giudizio perentorio è inutile aggiungere qualsiasi commento:
Il film, quando non è un documentario, è un sogno. È per questo che Tarkovskij è il più grande di tutti. Si sposta con sicurezza nello spazio dei sogni, non spiega nulla, e d'altronde, cosa potrebbe spiegare? È un visionario che è riuscito a mettere in scena le sue visioni grazie al medium più pesante, ma anche più duttile. Ho bussato tutta la vita alla porta di quei luoghi in cui lui si sposta con tanta sicurezza. Solo qualche rara volta sono riuscito a intrufolarmi”.

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