6 gennaio 2017

La seconda guerra mondiale, di John Keegan

La seconda guerra mondiale. 1939-1945 Una storia militare (The Second World War), di John Keegan

Anno di prima pubblicazione: 1989

Edito da: Rizzoli

Voto: 8/10

Pagg.: 645

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Dopo un'iniziale disamina storica delle mutate condizioni degli eserciti rispetto ai secoli precedenti (non solo per il progresso tecnologico degli armamenti, ma anche per la maggiore robustezza fisica degli uomini dovuta alle condizioni di vita sempre migliori), l'autore passa ad esaminare le cause che portarono alla seconda guerra mondiale.

Esse vengono identificate sostanzialmente nella aggressiva politica estera di Hitler, che nascondeva la volontà di dominare l'Europa, vendicando la sconfitta tedesca nella prima guerra mondiale.
Keegan passa quindi in rassegna la biografia del Führer, che da soldato della Grande guerra si trasformò nel leader di un movimento inizialmente marginale, ma destinato a raggiungere il potere in poco più di un decennio.
Dopo una fase iniziale in cui Hitler provò un colpo di stato (per il quale fu condannato al carcere, luogo in cui scriverà il Mein Kampf), il futuro Führer agirà nel relativo rispetto della Costituzione (anche se le sue SA non esitavano a scatenare violenze per intimorire la popolazione), fino alla conquista del cancellierato nel gennaio '33. Da quel momento l'escalation autoritaria porterà tutti i poteri nelle mani del Führer, che inizierà a mettere in atto la sua aggressiva politica di riarmo, di militarizzazione (contro i dettami di Versailles) e di conquista vera e propria (prima l'Austria, poi la Cecoslovacchia) di fronte alla preoccupata inattività delle potenze occidentali.
Il patto Molotov – Von Ribbentrop stupì gli occidentali (inclusi quelli di idee comuniste), i quali vedevano nell'Unione Sovietica l'unica potenza in grado di contrastare la Germania, due paesi che invece ora si mettevano d'accordo per dividersi di fatto l'Europa dell'est.
L'aggressione alla Polonia rappresenta l'atto a fronte del quale Francia e Gran Bretagna non potevano più permettersi di non intervenire.
Iniziava così la seconda guerra mondiale.
La guerra lampo attuata in Polonia in poche settimane (settembre 1939) venne sostanzialmente replicata, sebbene in forma più massiccia e impegnativa, sul fronte occidentale, portando alla clamorosa invasione del nord della Francia e delle nazioni inutilmente dichiaratesi neutrali del Benelux (maggio - giugno 1940).
Il successo tedesco fu dovuto alla sottovalutazione della situazione da parte degli Alleati (si pensava ad una sostanziale replica della guerra di posizione del '14-'18) e alla efficace strategia nazista di far iniziare una parte consistente dell'attacco dalla zona delle Ardenne.
Il successo nella battaglia sul fronte occidentale resterà tuttavia l'unica vera, netta e clamorosa vittoria contro una potenza di pari livello da parte dei tedeschi, che puntavano tutto sulla blitzkrieg e su una durata complessiva del conflitto piuttosto breve (sul lungo periodo e con l'eventuale intervento americano e sovietico erano infatti destinati a soccombere).
Dopo la Francia, Hitler provò a piegare l'Inghilterra, che sperava ancora di condurre ad una resa per consolidare in un trattato il dominio sull'Europa continentale, lasciando ai britannici l'impero marittimo e le colonie sparse per il mondo.
Del resto la sconfitta dell'Inghilterra avrebbe portato ben poco vantaggio diretto ai tedeschi ma molto ad altri Paesi: Giappone e Russia si sarebbero spartite le sue colonie in Asia; l'Italia avrebbe preso possesso di quelle del Mediterraneo; gli Stati Uniti avrebbero acquisito il dominio commerciale dei mari.
In ogni caso, la strenua resistenza inglese portò ad una sostanziale vittoria britannica nella battaglia dei cieli svoltasi nell'estate e nell'autunno del 1940 tra la Raf e la Lutwaffe di Göring.
La guerra aerea fu drammatica e dolorosa, ma il vero cruccio di Churchill durante il conflitto, secondo quanto da egli stesso confessato, fu la battaglia dell'Atlantico, combattuta dai sommergibili tedeschi per affondare i mercantili in viaggio verso l'Inghilterra. L'unica vera possibilità di piegare la Gran Bretagna, infatti, che viveva di importazioni, era quella di tagliarle i rifornimenti. Dopo iniziali successi, l'organizzazione dei mercantili in convogli scortati e lo sviluppo di tecnologia e armamenti antisommergibile, unito alla capacità produttiva di nuove imbarcazioni, che superavano in numero quelle sempre minori che venivano affondate, portò nel lungo periodo alla vittoria alleata anche su questo fronte.
Secondo l'autore, la battaglia dell'Atlantico rappresenta l'unica fase della guerra che avrebbe davvero potuto dare il successo ai tedeschi nel secondo conflitto mondiale, prima dell'intervento americano.
La guerra sottomarina e i sistematici bombardamenti aerei non costituivano le uniche grosse novità militari rispetto alla prima guerra mondiale. Altrettanto rilevante fu l'utilizzo per la prima volta in modo massiccio di truppe aviotrasportate: il primo importante esempio fu quello dei paracadutisti tedeschi che tentarono l'invasione di Creta, riuscendoci solo con notevoli difficoltà e perdite. La campagna di Creta giunse subito dopo quella nei Balcani, con cui Hitler aveva dovuto porre rimedio agli insuccessi di Mussolini, il quale, nel tentativo di emulare la blitzkrieg polacca e francese e conseguire i primi successi dopo la magra figura rimediata sul fronte francese, aveva ordinato l'invasione della Grecia dall'Albania. I greci, tuttavia, resistettero e addirittura contrattaccarono, umiliando gli italiani. Hitler accorse dunque in aiuto dell'alleato, invadendo Jugoslavia e Grecia, e la stessa cosa dovette fare nel nord dell'Africa dove le truppe fasciste erano state sbaragliate dagli inglesi nel tentativo di invadere la colonia britannica dell'Egitto partendo dalla Libia.
Ma l'operazione potenzialmente decisiva che Hitler preparava da lungo tempo era la guerra contro l'Unione Sovietica, cui Stalin fino all'ultimo non volle credere, nonostante i molti avvertimenti ricevuti, e che invece venne lanciata nel giugno del '41. Quella di aprire un secondo fronte contro la nazione che ospitava, almeno in quel momento, l'esercito più numeroso e meglio equipaggiato al mondo (sebbene meno preparato e organizzato di quello tedesco) fu una delle decisioni che maggiormente pesarono sulle sorti del conflitto.
L'unica possibilità di successo per Hitler erano legate all'effettuazione di una guerra lampo analoga a quella condotta sul fronte occidentale, ma la mancata realizzazione di questa aspettativa (anche a causa della sottovalutazione del nemico), spostò necessariamente gli equilibri non appena giunse il terribile freddo di dicembre, cui i tedeschi non erano abituati, a differenza dei locali. Si ripeteva quindi lo stesso scenario di oltre un secolo prima, quando Napoleone Bonaparte era stato bloccato nei suoi propositi di conquista dal generale inverno.
L'ultimo mese del '41 si rivelerà devastante per i tedeschi anche sotto un altro profilo: l'attacco giapponese di Pearl Harbor aveva portato Hitler a dichiarare guerra agli Stati Uniti, in appoggio al suo alleato orientale. Da quel momento gli americani poterono così iniziare a rifornire direttamente i russi di materie prime, automezzi, armamenti, vestiario, cosa che già avevano fatto in precedenza gli inglesi, ma ad un ritmo decisamente più lento.
Keegan lo dice chiaramente (e la stessa cosa la rilevò persino Krushev): é vero che la Russia ebbe il più alto tributo di perdite umane tra le nazioni belligeranti, ma se l'Armata rossa poté prima difendersi dai tedeschi e poi raggiungere Berlino nel '45 fu anche grazie ai rifornimenti portati dagli americani e in particolare alle tredici milioni di paia di stivali di feltro e alle diverse centinaia di migliaia di camion da trasporto consegnati ai sovietici dal '41:
Se vogliamo fare il conto degli errori commessi da Hitler nello scatenare la seconda guerra mondiale, la sua decisione di mettere alla prova l'economia americana può essere considerato il più grave”.
L'operazione Barbarossa riprese a metà del '42 (occorreva infatti attendere, oltre alla fine dell'inverno, anche la fine della primavera, che aveva sciolto la neve rendendo i terreni estremamente fangosi, dunque inadatti ai carri armati e agli altri mezzi motorizzati). Inizialmente l'esito delle battaglie continuò ad essere favorevole alle forze dell'Asse (anche se non più in modo clamoroso come l'anno precedente, quando in pochi mesi erano stati catturati tre milioni di prigionieri russi), con il Führer che decise di concentrare l'offensiva a sud, mentre Stalin si aspettava un attacco massiccio contro Mosca.
La spinta tedesca verso la città di Astrachan - che nei progetti di Hitler doveva costituire l'estremità meridionale del confine della Russia sotto controllo tedesco - si arrestò a Stalingrado, dove venne ingaggiata una delle battaglie più cruente e determinanti della storia del Novecento. I combattimenti casa per casa, maceria su maceria, per difendere ogni singolo brandello di muro rimasto in piedi, si protrassero per mesi tra l'autunno del '42 e i primi del '43. Ancora una volta l'inverno, unito al fanatismo hitleriano nel voler difendere a tutti i costi una situazione ormai disperata, furono fatali ai tedeschi. Nel gennaio '43, dopo la resa di Paulus a Stalingrado, l'iniziativa passò nelle mani dei russi, che dopo un anno e mezzo di sconfitte potevano cominciare a dire la loro.

Le ragioni che spinsero il Giappone ad attaccare gli Stati Uniti, portando la guerra sul Pacifico e rendendola mondiale come quella combattuta poco più di vent'anni prima, vanno ricercate nell'espansionismo nipponico della prima metà del Novecento, sempre più inviso alle potenze coloniali europee e agli americani.
Dopo la conquista di parte della Cina, con la creazione dello stato fantoccio del Manciukuò, il sogno giapponese di creare un'area di influenza nipponica nell'Asia orientale - una sorta di impero illuminato ove agli asiatici fosse consentito di liberarsi dal colonialismo occidentale - si scontrava con la determinazione americana a scoraggiare una tale velleità.
Gli Stati Uniti rappresentavano dunque un ostacolo concreto da superare e l'unica strada per farlo era quella di scendere in guerra.
Dopo preparativi segretissimi, nonostante l'efficienza degli americani nel decifrare i messaggi criptati, l'attacco a sorpresa alla base navale di Pearl Harbor, alle isole Hawaii, scattò il 7 dicembre 1941. Il successo dell'operazione galvanizzò anche quegli ufficiali giapponesi che non credevano ad una vittoria contro la super-potenza americana. A Pearl Harbor la flotta statunitense subì un colpo durissimo, ma le portaerei, che per fortuna degli americani si trovavano altrove, riuscirono a salvarsi, rivelandosi determinanti nel prosieguo della guerra nel Pacifico.
L'attacco di Pearl Harbor sciolse definitivamente il fronte isolazionista americano, che voleva evitare la guerra a tutti i costi. Gli Stati Uniti furono anzi coinvolti anche in Europa, dopo la dichiarazione di guerra di Hitler che aveva in tal modo onorato il patto tripartito del 1940.
Il predominio navale nel Pacifico era comunque divenuto appannaggio dei giapponesi che ne approfittarono per sferrare diversi attacchi in Asia, tra cui, già il giorno successivo a Pearl Harbor, quello alle Filippine, arcipelago sotto la protezione americana in cui era stanziato un grosso contingente di militari statunitensi, che subì una cocente sconfitta.
La prima reazione americana, che ebbe più che altro rilevanza simbolica, arrivò nell'aprile del '42, quando la portaerei Hornet lanciò un'operazione aerea che portò al bombardamento di Tokyo.
Fu anche quest'azione a determinare nei nipponici la volontà di infliggere il colpo di grazia agli Stati Uniti. Per farlo individuarono un obiettivo strategico nell'atollo di Midway, avamposto della difesa americana alle Hawaii. Qui si tenne la prima battaglia tra portaerei della storia e stavolta la vittoria arrise agli americani: nonostante l'inferiorità di mezzi, questa volta l'intelligence riuscì a sapere in anticipo dell'attacco, facendo trovare pronte le difese.
La battaglia di Midway avrebbe potuto spezzare definitivamente la marina americana nel Pacifico ed invece riequilibrò le sorti del conflitto anche se non fece perdere nessuno dei territori conquistati dai giapponesi dal dicembre '41.
Per farlo, gli americani dovevano far scattare una controffensiva, con l'occupazione strategica di alcune delle piccole isole-fortino del Pacifico, che separavano il fronte australiano dai possedimenti nipponici.
La prima ad essere individuata fu l'isola di Guadalcanal, nelle Salomone: ancora una volta la vittoria arrise agli americani, con i Marines che iniziarono a costruire la fama del proprio corpo combattendo duramente contro i soldati giapponesi, i quali, sebbene inferiori in numero ed armamenti, erano disposti a sacrificare la loro vita in nome dell'imperatore, in un cieco fanatismo che li contraddistinguerà per tutto il prosieguo del conflitto.
La vittoria degli Alleati in Papuasia scongiurò definitivamente pericoli per l'Australia e permise di proseguire l'offensiva cosiddetta "a salto di rana" tra gli arcipelaghi del Pacifico.
Mentre il generale MacArhur continuava la sua risalita dalla Nuova Guinea verso le Indie orientali, per puntare a quelle Filippine che aveva perduto nel '42, l'ammiraglio Nimitz proseguiva con la sua flotta (che di mese in mese andava rimpolpandosi) lungo gli sperduti arcipelaghi del Pacifico centrale: le isole Gilbert, le Marshall e infine le Marianne furono teatro di scontri sanguinosissimi, per il controllo di lembi di terra di dimensioni esigue.
Da una parte i giapponesi lottavano fanaticamente fino all'ultimo uomo, preferendo il suicidio alla resa. Dall'altra i Marines ebbero perdite rilevanti soltanto nelle prime campagne. In seguito seppero sfruttare meglio la potenza di fuoco della flotta e gli armamenti nettamente superiori, riducendo le vittime, che erano comunque sempre in numero notevolmente inferiore rispetto a quelle nipponiche.
Con la conquista delle Marianne si apriva la strada per la vittoria: i bombardieri americani potevano ora raggiungere direttamente il giappone.

Con Pearl Harbor e l'entrata in guerra degli Stati Uniti le possibilità di vittoria per gli Alleati crebbero notevolmente. L'apertura di un secondo fronte in Europa contro la Germania, richiesto soprattutto dall'Unione Sovietica, che stava resistendo eroicamente, era ormai questione di tempo, ma venne ritardato di qualche anno soprattutto da Churchill che voleva attaccare il vallo Atlantico soltanto quando le forze in gioco sarebbero state davvero soverchianti. Nel frattempo i generali americani, che invece erano ansiosi di affrontare le forze naziste sul suolo europeo (in primis il famoso generale Patton), vennero tenuti impegnati con un doppio sbarco, prima in Marocco nel '42, poi in Sicilia nel '43, dopo la sconfitta tedesca nel Nord Africa.
Una sconfitta tutt'altro che scontata, visto che i tedeschi schieravano su quel fronte il loro miglior generale, quel Rommel che non perse la faccia (e la fama conquistata sul campo di Volpe del deserto) in quanto assente durante le battaglie decisive (che videro nell'inglese Montgomery il grande trionfatore) a causa di un ricovero in Germania per problemi di salute.
Lo sbarco in Sicilia del luglio '43 fu più semplice di quanto preventivato dagli Alleati, che trovarono una resistenza inferiore al previsto. Gli italiani erano infatti pronti ad arrendersi, come fecero ad inizio settembre del '43, dopo la cacciata di Mussolini e la creazione di un nuovo governo filo-monarchico. L'armistizio fu firmato proprio in Sicilia, a Cassibile, il 3 settembre 1943 e reso pubblico cinque giorni dopo.
Da allora la penisola fu di fatto nelle mani tedesche, con gli Alleati che spingevano da sud riconquistandola poco alla volta.
Ma il vero sbarco decisivo per la riconquista dell'Europa occidentale, fu quello compiuto dagli Alleati il 6 giugno 1944 in Normandia.
Gli anglo-americani avevano fatto credere ai tedeschi, addirittura con la creazione di un finto esercito, che lo sbarco sarebbe avvenuto dalle parti di Calais, il che era peraltro ragionevole, visto che si trattava del posto in cui il canale della Manica era più stretto e veloce da attraversare.
Invece lo sbarco avvenne nella zona a nord di Caen e fu un notevole successo, nonostante le grandi perdite subite, soprattutto dagli americani nella spiaggia battezzata Omaha, la più difficile da conquistare.
Da quel momento la riconquista della Francia era soltanto questione di tempo, ed avvenne nel giro di alcuni mesi, con una sola impegnativa controffensiva tedesca lanciata nel dicembre 1944 nelle Ardenne. Era il colpo di coda di un Paese che ormai si apprestava ad essere sconfitto, schiacciato da una parte dagli anglo-americani e dall'altra dai sovietici, che dopo Stalingrado avevano cominciato lentamente ma inesorabilmente a riconquistare tutto il terreno perduto.

Keegan dedica un interessante capitolo alla Resistenza e allo spionaggio, due fattori molto esaltati nella storiografia ma che a suo dire non contribuirono in modo determinante alla vittoria degli Alleati.
La storia della Resistenza in Europa va di pari passo con la progressiva occupazione tedesca dei Paesi del Vecchio Continente. Già con le invasioni dell'Austria e, soprattutto, della Cecoslovacchia si ebbero i primi malumori tra le popolazioni assoggettate al dominio nazista. Malumori che detonarono soltanto con lo scoppio della guerra, quando alle nazioni conquistate da Hitler andarono ad aggiungersi la valorosa Polonia ed una Francia che non era abituata alla dominazione straniera.
Eppure la dimensione della Resistenza in Europa non raggiunse mai le proporzioni auspicate da Churchill, quando nel creare un apposito organismo di appoggio ai partigiani, il SOE (Special Operations Executive), invitava a “dare alle fiamme” il Vecchio Continente.
Uno degli elementi principali per la riuscita di una qualsiasi forma di resistenza all'occupazione era infatti innanzitutto il fattore geografico. Un territorio pianeggiante e lineare non aiutava la crescita di un movimento partigiano, come avvenne nella maggior parte dell'Europa occidentale (Paesi Bassi, Belgio e Francia, dove azioni di una certa importanza si ebbero soltanto nei giorni dello sbarco in Normandia). Occorreva un territorio difficile, aspro, prevalentemente montagnoso o paludoso affinché gruppi di partigiani potessero organizzarsi e soprattutto tentare di operare in modo efficace contro eserciti armati di tutto punto e motorizzati.
Ecco perché una Resistenza davvero efficace ed influente si ebbe durante il secondo conflitto mondiale soltanto nella Russia occupata e in Jugoslavia.
In altri Paesi, azioni singole come l'omicidio nel giugno 1942 del Reichsprotektor di Boemia e Moravia Reinhard Heydrich, uno dei più importanti gerarchi nazisti, portarono ad una repressione spietata nei confronti della popolazione civile, scoraggiando di fatto ulteriori episodi.
In Polonia, invece, dove nell'agosto-settembre '44 si ebbe l'importante avvenimento dell'insurrezione di Varsavia, i partigiani, che volevano liberare la capitale prima che lo facessero i sovietici, fallirono per la mancata assistenza da parte di questi ultimi, fermati sulla riva destra della Vistola da un'offensiva tedesca. Questo episodio, più di ogni altro, dimostrava come qualsiasi forza di resistenza poteva essere soltanto complementare all'avanzata di un esercito organizzato e ben armato.
Soltanto la Russia occupata e la Jugoslavia diedero dunque seriamente del filo da torcere alle armate del Terzo Reich, che dovettero schierare intere divisioni per affrontare il nemico interno. In Russia i partigiani erano avvantaggiati dai terreni paludosi, che rendevano certe zone sostanzialmente impenetrabili. Nei Balcani, invece, fu la conformazione montagnosa a permettere ai partigiani di Tito di combattere i nazisti con una certa efficacia.
Forme di resistenza si ebbero anche negli stessi Paesi dell'Asse.
In Italia un movimento partigiano organizzato si ebbe soltanto dopo l'armistizio del '43, ma anche in questo caso ebbe risultati modesti, pur a costo di sanguinose perdite.
In Germania, invece, il movimento non militare della Rosa Bianca fu rapidamente scoperto e liquidato dalla Gestapo all'inizio del '43. Un anno e mezzo più tardi, nel luglio 1944, vi fu inoltre il tentativo fallito di attentato ai danni del Führer progettato da ufficiali tedeschi, tra cui il colonnello Von Stauffenberg. Un episodio tuttavia ascrivibile alla categoria dei (tentati) colpi di stato.
Nel complesso, la Resistenza fu un fenomeno che incise molto nello spirito delle popolazioni occupate, anche se ebbe limitati risultati pratici. Keegan la paragona ad “una noiosa zanzara sul collo della Wehrmacht”, dato che impegnò mediamente poco più del cinque per cento delle divisioni schierate in Europa (la maggior parte delle quali in Jugoslavia). Una guerra nella guerra messa in atto da “valorosi quanto imprudenti sabotatori o combattenti della guerriglia”, che spesso sacrificarono le loro vite, spregiudicatamente ma generosamente, combattendo per i propri ideali piuttosto che attendere nell'inattività una liberazione che in ogni caso, presto o tardi, sarebbe giunta.

Più significativo, invece, fu il peso dell'intelligence, sia per quanto riguarda lo spionaggio, sia per la decifrazione delle comunicazioni nemiche, che si rivelerà molto importante in alcune fasi della guerra.
In Europa, il lavoro dei crittografi inglesi di Bletchley Park, tra cui vi era anche il padre dell'informatica Alan Turing, portò alla decrittazione di Enigma, il sistema di comunicazioni usato dai nazisti e ritenuto indecifrabile.
Sul fronte pacifico, il programma americano di intercettazione e svelamento dei messaggi giapponesi sarà fondamentale, ad esempio, nella battaglia di Midway, ribaltando a favore degli statunitensi una situazione che avrebbe potuto essere fatale per la loro flotta.

Il 1945 vide la fine delle ostilità su entrambi i fronti principali del conflitto. In Europa ormai l'avanzata sovietica verso il cuore del Reich era inarrestabile e Berlino cadde tra fine aprile e inizio maggio dopo un lungo assedio e il suicidio del Führer e dei suoi più stretti collaboratori.
Più complessa la situazione nel Pacifico, dove gli americani dovettero far fronte all'ostinatezza e al fanatismo dei giapponesi, disposti al sacrificio pur di tentare di invertire le sorti del conflitto. Già dalla battaglia delle Filippine della seconda metà del '44 iniziò a svilupparsi la tristemente famosa guerra suicida dei kamikaze, che raggiungerà l'apice nella battaglia di Okinawa dell'aprile '45, la quale, insieme alla battaglia di Iwo Jima di alcuni mesi prima, porterà all'invasione di territorio originariamente giapponese da parte di forze armate americane.
Resisi conto che i giapponesi non erano disposti ad arrendersi, nemmeno dopo aver bombardato in lungo e in largo il Giappone con bombe incendiarie, e considerato che il prezzo di un'invasione di terra da parte degli Alleati avrebbe richiesto un tributo di vite umane enorme, gli americani decisero di ricorrere all'utilizzo di una super-arma che soltanto qualche settimana prima aveva dato esito positivo nei test svoltisi nel New Mexico.
Le due bombe atomiche esplose su Hiroshima e Nagasaki, che causarono oltre 200.000 morti e la resa incondizionata del Giappone, furono le più micidiali tra le super-armi che nella seconda parte della guerra ciascuno schieramento cercava di costruire per imprimere una svolta a proprio favore alla guerra. La Germania nazista aveva sviluppato quelli che sono a tutti gli effetti gli antenati dei moderni missili balistici, i V2. Lo fece probabilmente troppo tardi, quando le sorti del conflitto erano ormai segnate, così come in ritardo era sull'utilizzo bellico dell'energia nucleare.

Il libro di Keegan, come si evince fin dal sottotitolo, è incentrato sulle vicende militari, con una descrizione sintetica ma minuziosa di tutte le principali fasi del secondo conflitto mondiale. Leggendo queste intense pagine si dovrà necessariamente familiarizzare con termini militari quali armata, divisione, ecc., nonché con i principali gradi superiori delle gerarchie dei vari Paesi. È già decisamente un ottimo livello di approfondimento, oltre i quali occorre dedicarsi alle monografie che parlano di singoli fronti o addirittura singole battaglie.
Lo stile è fluido ed efficace. Gli avvenimenti sono rappresentati saltando qua e là tra i fronti asiatico-pacifico e atlantico-europeo-mediterraneo, ma tuttavia l'esposizione non è mai discontinua.

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