10 aprile 2016

Cinema: cent'anni di storia, di René Prédal

Cinema: cent'anni di storia (Histoire du cinéma – Abrégé pédagogique), di René Prédal

Anno di prima pubblicazione: 1994

Edito da: Baldini & Castoldi

Voto: 7,5/10

Pagg.: 399

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Uscito la prima volta nel 1994 - in occasione del centenario dalla prima proiezione pubblica dei fratelli Lumière (28.12.1895), episodio al quale si fa convenzionalmente risalire la nascita della Settima Arte - questo libro di René Prédal, docente di storia del cinema all'Università di Caen, è stato successivamente aggiornato nel 2010, con una seconda edizione che ha recuperato quanto accaduto negli ultimi quindici anni dal centenario.
L'obiettivo (ambizioso) di Prédal era quello di raccontare cento anni di cinema in 300 pagine (diventate 400 con la seconda edizione), cosa che si può dire in parte riuscita, grazie ad un'esposizione sì essenziale ma che cerca di raccontare tutto ciò che di importante la Settima Arte ha saputo regalare in un secolo di storia.

Il libro è suddiviso in tre parti: Il cinema muto (1895-1930), Il cinema sonoro (1930-1960), Il cinema moderno (1960-1995), che riflettono le tre grandi epoche della storia del cinema (con la parte centrale che nell'accezione 'sonoro' include il cinema classico, quello realista francese e quello neorealista italiano, nonché i primi episodi che anticipano il modernismo).
La quarta parte, quella aggiunta nella seconda edizione del 2010, è dedicata alle Cinematografie del Mondo negli anni 2000. E' forse la parte meno riuscita, scritta a 15 anni di distanza dal resto del libro, cosa che si riflette in una certa disorganicità, con i capitoli che spesso si riducono ad un'elencazione di film o di registi. Ma è anche la parte più completa da un punto di vista geografico, merito della globalizzazione dell'industria cinematografica degli ultimi vent'anni, che ha portato all'emersione di registi di Paesi che non avevano una storia (e infatti l'autore parla, ad esempio, del cinema di Taiwan, della Thailandia, di Singapore, della Palestina e di Israele).

Nelle prime tre parti, la struttura è mista tematica-geografica: alcuni capitoli riguardano precisi argomenti o movimenti cinematografici (L'espressionismo tedesco, Le avanguardie, Il realismo socialista), altri sono genericamente incentrati su determinati Paesi o Continenti (La Russia degli anni Venti, Il cinema asiatico).
Un occhio di riguardo è dedicato alla cinematografia francese, ma forse meno di quello che ci si sarebbe potuti aspettare da un critico transalpino. Anzi, l'autore tratta, sebbene sommariamente, anche di alcuni Paesi o aree geografiche cinematograficamente minori, come le Filippine, il Maghreb, il Medio Oriente. C'è addirittura un sottocapitolo dedicato all'Africa nera.
Per quanto riguarda l'Italia, il focus va, come prevedibile, sul neorealismo, ma anche sulla commedia all'italiana e sul “nuovo cinema italiano” degli anni Sessanta e Settanta.
Tra le parti più interessanti, il capitolo dedicato a Il cinema e la guerra, ove si narra (tra le altre cose) degli sforzi fatti in Europa per mantenere vivo l'impegno artistico durante il secondo conflitto mondiale. Interessante, inoltre, il capitolo dedicato a Gli autori solitari degli anni Cinquanta, che riconosce l'eterogeneità stilistica di quegli anni ed una certa difficoltà nell'inquadrare la cinematografia del dopoguerra di alcuni Paesi. Come interessante è la chiusura della prima edizione dedicata alla vecchiaia di due grandi autori come Kurosawa e Manoel de Oliveira.

Chiude il libro una “postfazione bibliografica” alla prima edizione, scritta da Alberto Farassino, nella quale si fa una interessante panoramica sulle pubblicazioni che trattano di storia del cinema e sulla difficoltà di esaminare una materia così grande (ed in continua evoluzione) con opere manualistiche, sia che affrontino l'argomento in poche pagine, sia che vi dedichino diversi volumi.

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