23 aprile 2016

Cinema, di Gianfranco Bettetini

Cinema, di Gianfranco Bettetini

Anno di prima pubblicazione: 2014

Edito da: Treccani

Voto: 6,5/10

Pagg.: solo ebook

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Scritto per l'Enciclopedia delle scienze sociali Treccani, questo saggio breve di Gianfranco Bettetini, critico e regista televisivo, affronta il tema del cinema secondo una prospettiva di teoria generale del mezzo di comunicazione.

Nella parte iniziale viene spiegata brillantemente la genesi scientifica del cinema, che viene dapprima utilizzato per esigenze di rappresentazione del reale, salvo poi scoprirne il potenziale “magico” e narrativo: “le 'neutrali' riproduzioni di frammenti dinamici della realtà finivano spesso per trasformarsi in raccontini piacevoli, in affascinanti narrazioni che coinvolgevano le reazioni emotive degli spettatori molto di più della loro attenzione conoscitiva”.
È dunque lo stesso pubblico a spingere verso la spettacolarizzazione dell'arte cinematografica. Un ruolo fondamentale per il compimento di tale passaggio ebbe, sul finire dell'Ottocento e agli inizi del Novecento, il francese Georges Méliès, con il quale “la dimensione del fantastico e del magico cominciò a interferire con l'istanza realistica”.
Ecco così che “il laboratorio dello scienziato si trasformava un poco alla volta, per colpa della stessa invenzione, nell'antro del mago”. Non per nulla i Lumière erano dei tecnici che giunsero alla loro invenzione nel contesto della fabbrica di materiale fotografico del padre. Méliès, invece, era proprio un'illusionista, fin da subito attirato dalle enormi potenzialità del nuovo mezzo di espressione.

Una certa attenzione viene dedicata ad una fase fondamentale della storia del cinema come quella del passaggio al sonoro. In tale fase, l'estrema attenzione che veniva dedicata alla sonorizzazione in diretta dell'immagine comportava “un immediato decadimento di qualità nella produzione filmica”.
Un qualcosa a cui si ovviò, con il passare degli anni, grazie all'invenzione del doppiaggio, anche se ciò non comportò “alcun sensibile spostamento della produzione media dalla strada maestra della più attendibile verosimiglianza”.

L'originaria distinzione tra cinema documentaristico e cinema magico-narrativo si riversa nella successiva dicotomia tra “cinema della realtà e cinema dell'immagine”.
Il primo è chiaramente uno “strumento riproduttivo o, al più, mediatore di un discorso già presente nelle cose filmate”; il cinema dell'immagine, invece, è un vero e proprio “linguaggio autonomo, che utilizza la materialità del reale per conseguire forme discorsive (…) indipendenti”.
Ma del resto, come afferma in maniera inconfutabile l'autore, “tutta la storia del cinema può essere interpretata come l'incrocio fra usi trascrittivi, meccanicamente passivi, dell'immagine e usi linguistici del suo potenziale segnico”.

L'autore analizza anche un'altra questione controversa, quella dell'orientamento al profitto a cui buona parte del cinema è dedita (in particolar modo nella concezione hollywoodiana). L'industrializzazione del cinema può comportare “concreti rischi di degradazione e di svilimento della qualità degli scambi comunicativi” fino addirittura a diventare lo specchio “di una cultura generale vuota, insulsa e, quindi, per dirla con Nietzsche, di un 'rimbecillimento in atto'; ma è altrettanto vero che non tutto il cinema può essere così definito e che, soprattutto, non lo si può considerare, ontologicamente, solo in questa prospettiva”.

L'autore passa ad esaminare la nozione di “genere”, una categoria “attiva in tutti gli ambiti delle comunicazioni di massa, che ha ottenuto, però, una particolare attenzione e una rigorosa applicazione proprio in quello del cinema”.
Bettetini definisce il “genere” come un “modello di organizzazione che interessa tanto l'ambito della forma, quanto quello dei contenuti”.
Il concetto di “genere” e il suo “rigoroso rispetto” è stato alla base della fortuna del cinema classico, anche se, da qualche decennio a questa parte, tale concetto è entrato in crisi: “Oggi, la crisi del cinema ha anche spezzato l'incanto dei suoi generi”.

Altre considerazioni interessanti sono quelle formulate riguardo un fenomeno squisitamente cinematografico come quello del divismo: “L'immagine del divo si trova investita di un sapere esterno al film, a volte così determinante da indurre gli apparati a riprodurre per lo stesso divo la stessa figura attorale, lo stesso ruolo, in situazioni testuali narrative (o addirittura di genere) diverse”.

Il libro di Bettetini è spesso molto interessante, ma per larga parte troppo generico e pregno di quell'ermeneutica dei concetti che non brilla sicuramente per concretezza. È un opera, in tal senso, di livello alto e teorico, non adatta a chi volesse un approccio semplice e illustrativo del concetto di cinema.

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