Anno di prima pubblicazione: 2014
Edito da: Il castoro
Voto: 8,5/10
Pagg.: 155
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Creato in occasione della retrospettiva
dedicata alla New Hollywood in programma al 31° e 32° Torino Film
Festival (rispettivamente tenutisi nel 2013 e 2014), questo volume,
curato dalla critica cinematografica Emanuela Martini, direttore del
TFF dal 2014, contiene diversi contributi dedicati al cinema
americano che va dalla metà inoltrata degli anni Sessanta ai
primissimi anni Ottanta.
La New Hollywood nasce
convenzionalmente con due film del 1967, Gangster Story (di
Arthur Penn) e Il laureato (di Mike Nichols), anche se per
alcuni è solo con il rivoluzionario e ribelle Easy Rider (di
Dennis Hopper, 1969) che ci fu la svolta decisiva. Considerato il
maggior fenomeno evolutivo del cinema americano dai tempi del muto,
con la New Hollywood si formarono una serie di nuovi registi (e di
nuovi attori) che domineranno la scena mondiale a partire dagli anni
Settanta: Scorsese, Spielberg, Lucas, Coppola, De Palma e tanti
altri.
La Nuova Hollywood era giunta in un
momento di profonda crisi del cinema americano, causato
principalmente dall'avvento della tv (che aveva determinato un
progressivo ma enorme calo di pubblico a partire dal 1946) e
dall'affermarsi del cinema europeo, che si era evoluto molto prima di
quello americano (basti pensare alla rivoluzionaria Nouvelle Vague
francese). Tale crisi fu superata grazie al ricorso alle idee
originali dei nuovi cineasti, i quali, rispetto a quelli delle
precedenti generazioni, erano meno artigiani e più conoscitori del
cinema e della sua storia. Alcuni fattori aiutarono molto questa
evoluzione (su tutti, il superamento del rigoroso codice di
autocensura, il famigerato Codice Hays, che resisteva dagli
anni Trenta), così come fu di aiuto il contesto storico-sociale,
quegli anni Sessanta che avevano visto l'emergere delle controculture
e il risveglio della coscienza collettiva, in particolar modo
giovanile, sia in reazione a episodi drammatici come gli assassinii
dei due fratelli Kennedy, sia in opposizione alla Guerra del Vietnam
e nell'appoggio al movimento dei diritti civili.
Fondamentale fu anche l'evoluzione
musicale di quel periodo, che venne infatti recepita all'interno dei
film come una delle novità più interessanti e dirompenti.
Con il nuovo cinema americano,
Hollywood tornerà ad essere padrona della cinematografia mondiale,
anche se in un primo momento i produttori videro enormemente
ridimensionarsi il loro potere a favore di quegli stessi registi che,
sebbene in molti casi assai giovani, si erano trasformati in autori,
esattamente come accadeva nel Vecchio Continente.
Alcuni fattori determinarono in seguito
il riemergere del ruolo dei produttori, i quali riacquistarono le
loro vecchie prerogative in un cinema che era nuovamente tornato ad
incentrarsi sull'aspetto commerciale, esaurita la spinta artistica
iniziale: a ciò contribuirono, da un lato, l'enorme successo di film
come Lo squalo e Guerre Stellari (che diedero il via al
fenomeno dei blockbuster), dall'altro il grande flop di un
film come I cancelli del cielo (di Michael Cimino, 1980) che
fece fallire una delle più importanti case di produzione (la United
Artists, fondata da Chaplin e D.W. Griffith sessant'anni prima) e
tolse il final cut ai registi, a vantaggio dei produttori
esecutivi.
Il libro, come detto, raccoglie una
serie di contributi, tutti molto interessanti, che solo in pochi
momenti si riducono ad un'elencazione asettica di film.
Inizia proprio Emanuela Martini, con
The Big Fix. Il sogno della New Hollywood, un'introduzione
attenta al contesto sociale e storico-politico dell'epoca, con un
occhio ai primi anni della corrente e in particolare ai tre film cui
si riconduce l'inizio di tutto.
In 1967. Classico, moderno (o
postmoderno)? Giulia Carluccio compie un'analisi stilistica del
movimento.
Segue Tales, music & lyrics,
di Federico Pedroni, uno dei contributi più interessanti, incentrato
sul rapporto tra cinema e letteratura in quel periodo (una delle
prime cose che salta all'occhio nella New Hollywood e la quasi totale
assenza di adattamenti dai classici – con l'eccezione,
assolutamente sui generis, del Cuore di tenebra di Conrad che
ispirò l'Apocalypse Now di F. F. Coppola), e sul fenomeno
della musica, molto pervasivo in quegli anni: dalle influenze della
controcultura, all'utilizzo, in modo sempre più diegetico, di
colonne sonore pop e rock, fino all'evoluzione del musical, uno dei
generi che maggiormente ruppe la tradizione del cinema classico. Ecco
quindi che i protagonisti sono sempre più spesso cantautori e
rockstar (ma in un modo completamente diverso rispetto a quanto
faceva, ad esempio, Elvis Presley nei decenni precedenti), fino a
giungere ai film concerto che documentano le intense esperienze
musicali di fine anni Sessanta.
In Sfida infernale, Enrico
Magrelli documenta come la New Hollywood abbia per certi versi
abbassato la saracinesca sul tanto decantato American Dream,
con una presa di consapevolezza della disillusione sociale e del
disincanto tipici di quegli anni.
Alberto Morsiani nel suo pezzo There's
nowhere to go, illustra uno dei generi fondamentali di
quell'epoca, il road movie, evoluzione del bike movie.
Molti dei film più importanti dei primi periodi hanno proprio per
protagonista la strada, emblema della ricerca della libertà (Easy
Rider, Punto zero, Strada a doppia corsia). Il tema
del viaggio senza meta era testimone dell'inquietudine giovanile e
chiudeva la tradizione del western, dove gli spostamenti erano
funzionali alla conquista di nuovi territori.
Con La lezione di storia di Toro
Seduto, Giaime Alonge affronta il tema del rapporto tra cinema e
storia, più e meno recente. Da un lato l'evoluzione del genere
western, che abbandona la struttura dell'età classica e inizia ad
affrontare in modo critico il problema degli indiani d'America e di
come vennero trattati tra Ottocento e inizio Novecento (film come
Soldato blu, Piccolo grande uomo, Corvo rosso non
avrai il mio scalpo). Dall'altro il tema della guerra, in
particolare quella del Vietnam, affrontato in modo critico anche se
in principio indirettamente (dai riferimenti alla Corea e alla
Seconda Guerra Mondiale di, rispettivamente, M.A.S.H. e Comma
22, si passa all'ambientazione in Vietnam di Il cacciatore
e Apocalypse Now).
Adriano Piccardi parla della paranoia
politica in Paranoid Park. Quello dell'inquietudine verso il
sistema, che diventava a tratti una vera e propria mania di
persecuzione, fu uno dei temi più importanti della New Hollywood
(soprattutto in una seconda fase) e produsse alcuni dei film più
interessanti da un punto di vista della suspense (Perché un
assassinio, La conversazione).
In La cassetta degli attrezzi della
New Hollywood, Pier Maria Bocchi propugna l'interessante tesi
secondo cui quello della New Hollywood sarebbe un vero e proprio
genere - dai tratti ben riconoscibili, sebbene trasversale - che
avrebbe accantonato (momentaneamente) i generi tradizionali del
cinema classico.
Chiude un breve saggio di Franco La
Polla, tratto da uno dei suoi libri, Sogno e realtà americana nel
cinema di Hollywood. La Polla è stato uno dei più grandi
esperti italiani di cinema americano, nonché il primo ad analizzare
questa stagione, dedicandovi alcune pubblicazioni che ancora oggi
rimangono testi fondamentali per gli studiosi. A lui, scomparso nel
2009, era stata idealmente dedicata la retrospettiva torinese dal
direttore della 31esima edizione, il regista Paolo Virzì. Il pezzo
di La Polla, Una, due, tre Hollywood, ripercorre tutti i temi
suddetti in modo organico e strutturato.
Il libro è corredato da un ricco
impianto fotografico di immagini tratte dai set dei film o dai
lungometraggi stessi e contiene in appendice l'elenco delle pellicole
proiettate durante la retrospettiva, con i dati tecnici, la trama ed
un brevissimo commento.
Vi è infine una bibliografia
ricchissima, sebbene definita essenziale.
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