2 aprile 2016

New Hollywood, di AA.VV.

New Hollywood, di AA.VV. (a cura di Emanuela Martini)

Anno di prima pubblicazione: 2014

Edito da: Il castoro

Voto: 8,5/10

Pagg.: 155

___

Creato in occasione della retrospettiva dedicata alla New Hollywood in programma al 31° e 32° Torino Film Festival (rispettivamente tenutisi nel 2013 e 2014), questo volume, curato dalla critica cinematografica Emanuela Martini, direttore del TFF dal 2014, contiene diversi contributi dedicati al cinema americano che va dalla metà inoltrata degli anni Sessanta ai primissimi anni Ottanta.

La New Hollywood nasce convenzionalmente con due film del 1967, Gangster Story (di Arthur Penn) e Il laureato (di Mike Nichols), anche se per alcuni è solo con il rivoluzionario e ribelle Easy Rider (di Dennis Hopper, 1969) che ci fu la svolta decisiva. Considerato il maggior fenomeno evolutivo del cinema americano dai tempi del muto, con la New Hollywood si formarono una serie di nuovi registi (e di nuovi attori) che domineranno la scena mondiale a partire dagli anni Settanta: Scorsese, Spielberg, Lucas, Coppola, De Palma e tanti altri.
La Nuova Hollywood era giunta in un momento di profonda crisi del cinema americano, causato principalmente dall'avvento della tv (che aveva determinato un progressivo ma enorme calo di pubblico a partire dal 1946) e dall'affermarsi del cinema europeo, che si era evoluto molto prima di quello americano (basti pensare alla rivoluzionaria Nouvelle Vague francese). Tale crisi fu superata grazie al ricorso alle idee originali dei nuovi cineasti, i quali, rispetto a quelli delle precedenti generazioni, erano meno artigiani e più conoscitori del cinema e della sua storia. Alcuni fattori aiutarono molto questa evoluzione (su tutti, il superamento del rigoroso codice di autocensura, il famigerato Codice Hays, che resisteva dagli anni Trenta), così come fu di aiuto il contesto storico-sociale, quegli anni Sessanta che avevano visto l'emergere delle controculture e il risveglio della coscienza collettiva, in particolar modo giovanile, sia in reazione a episodi drammatici come gli assassinii dei due fratelli Kennedy, sia in opposizione alla Guerra del Vietnam e nell'appoggio al movimento dei diritti civili.
Fondamentale fu anche l'evoluzione musicale di quel periodo, che venne infatti recepita all'interno dei film come una delle novità più interessanti e dirompenti.
Con il nuovo cinema americano, Hollywood tornerà ad essere padrona della cinematografia mondiale, anche se in un primo momento i produttori videro enormemente ridimensionarsi il loro potere a favore di quegli stessi registi che, sebbene in molti casi assai giovani, si erano trasformati in autori, esattamente come accadeva nel Vecchio Continente.
Alcuni fattori determinarono in seguito il riemergere del ruolo dei produttori, i quali riacquistarono le loro vecchie prerogative in un cinema che era nuovamente tornato ad incentrarsi sull'aspetto commerciale, esaurita la spinta artistica iniziale: a ciò contribuirono, da un lato, l'enorme successo di film come Lo squalo e Guerre Stellari (che diedero il via al fenomeno dei blockbuster), dall'altro il grande flop di un film come I cancelli del cielo (di Michael Cimino, 1980) che fece fallire una delle più importanti case di produzione (la United Artists, fondata da Chaplin e D.W. Griffith sessant'anni prima) e tolse il final cut ai registi, a vantaggio dei produttori esecutivi.

Il libro, come detto, raccoglie una serie di contributi, tutti molto interessanti, che solo in pochi momenti si riducono ad un'elencazione asettica di film.
Inizia proprio Emanuela Martini, con The Big Fix. Il sogno della New Hollywood, un'introduzione attenta al contesto sociale e storico-politico dell'epoca, con un occhio ai primi anni della corrente e in particolare ai tre film cui si riconduce l'inizio di tutto.
In 1967. Classico, moderno (o postmoderno)? Giulia Carluccio compie un'analisi stilistica del movimento.
Segue Tales, music & lyrics, di Federico Pedroni, uno dei contributi più interessanti, incentrato sul rapporto tra cinema e letteratura in quel periodo (una delle prime cose che salta all'occhio nella New Hollywood e la quasi totale assenza di adattamenti dai classici – con l'eccezione, assolutamente sui generis, del Cuore di tenebra di Conrad che ispirò l'Apocalypse Now di F. F. Coppola), e sul fenomeno della musica, molto pervasivo in quegli anni: dalle influenze della controcultura, all'utilizzo, in modo sempre più diegetico, di colonne sonore pop e rock, fino all'evoluzione del musical, uno dei generi che maggiormente ruppe la tradizione del cinema classico. Ecco quindi che i protagonisti sono sempre più spesso cantautori e rockstar (ma in un modo completamente diverso rispetto a quanto faceva, ad esempio, Elvis Presley nei decenni precedenti), fino a giungere ai film concerto che documentano le intense esperienze musicali di fine anni Sessanta.
In Sfida infernale, Enrico Magrelli documenta come la New Hollywood abbia per certi versi abbassato la saracinesca sul tanto decantato American Dream, con una presa di consapevolezza della disillusione sociale e del disincanto tipici di quegli anni.
Alberto Morsiani nel suo pezzo There's nowhere to go, illustra uno dei generi fondamentali di quell'epoca, il road movie, evoluzione del bike movie. Molti dei film più importanti dei primi periodi hanno proprio per protagonista la strada, emblema della ricerca della libertà (Easy Rider, Punto zero, Strada a doppia corsia). Il tema del viaggio senza meta era testimone dell'inquietudine giovanile e chiudeva la tradizione del western, dove gli spostamenti erano funzionali alla conquista di nuovi territori.
Con La lezione di storia di Toro Seduto, Giaime Alonge affronta il tema del rapporto tra cinema e storia, più e meno recente. Da un lato l'evoluzione del genere western, che abbandona la struttura dell'età classica e inizia ad affrontare in modo critico il problema degli indiani d'America e di come vennero trattati tra Ottocento e inizio Novecento (film come Soldato blu, Piccolo grande uomo, Corvo rosso non avrai il mio scalpo). Dall'altro il tema della guerra, in particolare quella del Vietnam, affrontato in modo critico anche se in principio indirettamente (dai riferimenti alla Corea e alla Seconda Guerra Mondiale di, rispettivamente, M.A.S.H. e Comma 22, si passa all'ambientazione in Vietnam di Il cacciatore e Apocalypse Now).
Adriano Piccardi parla della paranoia politica in Paranoid Park. Quello dell'inquietudine verso il sistema, che diventava a tratti una vera e propria mania di persecuzione, fu uno dei temi più importanti della New Hollywood (soprattutto in una seconda fase) e produsse alcuni dei film più interessanti da un punto di vista della suspense (Perché un assassinio, La conversazione).
In La cassetta degli attrezzi della New Hollywood, Pier Maria Bocchi propugna l'interessante tesi secondo cui quello della New Hollywood sarebbe un vero e proprio genere - dai tratti ben riconoscibili, sebbene trasversale - che avrebbe accantonato (momentaneamente) i generi tradizionali del cinema classico.
Chiude un breve saggio di Franco La Polla, tratto da uno dei suoi libri, Sogno e realtà americana nel cinema di Hollywood. La Polla è stato uno dei più grandi esperti italiani di cinema americano, nonché il primo ad analizzare questa stagione, dedicandovi alcune pubblicazioni che ancora oggi rimangono testi fondamentali per gli studiosi. A lui, scomparso nel 2009, era stata idealmente dedicata la retrospettiva torinese dal direttore della 31esima edizione, il regista Paolo Virzì. Il pezzo di La Polla, Una, due, tre Hollywood, ripercorre tutti i temi suddetti in modo organico e strutturato.

Il libro è corredato da un ricco impianto fotografico di immagini tratte dai set dei film o dai lungometraggi stessi e contiene in appendice l'elenco delle pellicole proiettate durante la retrospettiva, con i dati tecnici, la trama ed un brevissimo commento.
Vi è infine una bibliografia ricchissima, sebbene definita essenziale.

Nessun commento: