Anno di prima pubblicazione: 1996
Edito da: Corbaccio
Voto: 8,5/10
Pagg.: 267
Traduttore: Laura Ferrari, Sabrina Zung
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" L’Alaska ha sempre esercitato un certo fascino su sognatori e disadattati, su chi pensa di poter rattoppare i buchi della propria esistenza nell’incontaminata vastità dell’Ultima Frontiera. Soltanto che la foresta non perdona e di sogni e desideri non sa che farsene.”
L’alpinista e scrittore americano Jon Krakauer si imbatté nella storia di Chris McCandless poco tempo dopo la sua morte, avvenuta nell’agosto del 1992, e del ritrovamento del suo cadavere, qualche settimana più tardi.
Ne scrisse un lungo articolo sulla rivista Outside, sollevando la curiosità della gente, che scrisse all’autore numerose lettere, la maggior parte delle quali biasimavano la superficialità e la sfrontatezza di colui che nei boschi dell’Alaska era diventato Alexander Supertramp.
Chris McCandless sembrava un giovane come tanti altri,
finché, non appena terminato il college, decise di assecondare la sua pulsione
verso il nomadismo e l’avventura mettendosi sulle strade degli Stati Uniti con
la sua vecchia Datsun usata.
Dopo varie peripezie in giro per il Paese, e dopo aver
tagliato i ponti con la sua famiglia (che pensava si trattasse soltanto di
un’ultima, temporanea follia prima dell’università), Chris decide di andare in
Alaska e vivere completamente in mezzo alla natura per qualche tempo.Metterà in pratica questa sua decisione nella primavera del 1992, vivendo in un pulmino abbandonato sullo Stampede Trail, un sentiero che porta al Denali National Park, tra Fairbanks e Anchorage. L’esito di questa avventura sarà però infausto: senza un’adeguata attrezzatura, né viveri a sufficienza, Chris morirà di stenti dopo essersi alimentato di alcuni semi tossici, che lo renderanno estremamente debole fino alla morte per fame.
Nelle terre estreme è una ricostruzione della vita di Chris
McCandless, fatta attraverso i suoi diari e le testimonianze di chi lo conobbe
direttamente, ma non solo. Con il pretesto delle vicende occorse al giovane californiano,
Krakauer affronta infatti in modo più ampio il tema della pulsione umana verso
l’avventura e del rapporto tra l’uomo e la natura selvaggia. Si narra infatti
di altri avventurieri solitari che decisero di sfidare la natura, tra cui lo
stesso Krakauer, che si avventurò in gioventù nell’impresa della scalata al
Devils Thumb, anch’esso in Alaska. Il taglio complessivo è dunque
tendenzialmente saggistico, più che narrativo.
Chris McCandless è un giovane di buona famiglia, con una
cultura decisamente oltre la media (ama Tolstoj e, ovviamente, Thoreau, i cui
libri verranno trovati vicino al suo cadavere). Come mai allora decide di
avventurarsi in un’impresa che, sebbene con il senno di poi, è stata da molti
etichettata come essenzialmente suicida? Cosa lo ha spinto a voler ricercare a
tutti i costi il contatto con la natura in modo così integralista ed estremo?
A un certo punto della sua peregrinazione per il Paese,
quando ancora l’Alaska era un sogno, o meglio un progetto da concretizzare,
Chris compie un’azione molto significativa e che ben dimostra quanto poco egli
tenesse alle cose materiali:
“con un gesto che
avrebbe inorgoglito sia Thoreau che Tolstoj, ammucchiò sulla sabbia il proprio
denaro – un patetico mazzetto di banconote da uno, cinque e venti dollari – e
appiccò il fuoco.”
Il suo datore di lavoro in South Dakota (un impiego che
Chris aveva trovato per sbarcare il lunario in attesa che arrivasse la stagione
propizia per recarsi in Alaska) si offre di pagargli l’aereo per Fairbanks, così
da averlo per qualche giorno in più al suo servizio (del resto nel suo lavoro
si impegnava in modo certosino). Tuttavia, lui rispose così:
“No, no, voglio
andarci in autostop. Volare sarebbe come imbrogliare, rovinerebbe tutto”.
Il manifesto del McCandless pensiero si trova in una lettera
che egli scrisse a Ron, uno dei tanti personaggi che incontrò durante le sue
scorribande negli Stati Uniti:
“C’è tanta gente
infelice che tuttavia non prende l’iniziativa di cambiare la propria situazione
perché è condizionata dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo,
tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito, ma in realtà per
l’animo avventuroso di un uomo non esiste nulla di più devastante di un futuro
certo. Il vero nucleo dello spirito vitale di una persona è la passione per
l’avventura. La gioia di vivere deriva dall’incontro con nuove esperienze, e
quindi non esiste gioia più grande dell’avere un orizzonte in continuo
cambiamento, del trovarsi ogni giorno sotto un sole nuovo e diverso”.Una lettera che contiene una frase significativa, che ben rappresenta lo spirito vagabondo di Chris:
“Non fissarti in un posto, muoviti, sii nomade, conquistati ogni giorno un nuovo orizzonte”.
Un libro intenso e capace di far riflettere su una pulsione
che, in modo più o meno incisivo, sembra radicata nel subconscio dell’uomo, che
almeno una volta nella vita non può non aver provato il desiderio di mollare
tutto e abbracciare la natura. Un desiderio fortissimo durante la gioventù, che
ben presto viene accantonato (fino ad essere denegato) durante l’età matura.
L’esistenza di ragazzi come Chris McCandless (e in generale
di altri individui restati nell’anonimato solo perché la loro esperienza di
cambiamento non si è trasformata in tragedia), non può che essere
destabilizzante per coloro che si arrendono all’incedere del tempo senza il
coraggio di prendere decisioni drastiche.Ma anche per coloro che tali decisioni non le hanno consapevolmente nemmeno volute prendere in considerazione, e che, alla luce di un resoconto come questo, non possono che confortarsi sulla bontà di una vita che rifugga dagli eccessi. Ebbene, anche per essi un libro come questo non può non ingenerare un piccolo germe di dubbio.
Quel dubbio che i Pink Floyd hanno immortalato in uno splendido verso di Wish you were here.
Verrebbe da chiedersi, leggendo Nelle terre estreme: non è che abbiamo scambiato un ruolo di comparsa nella guerra con il ruolo da protagonista in una gabbia?
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