31 luglio 2015

Cleopatra, di Colleen McCullough

Cleopatra (Antony and Cleopatra), di Colleen McCullough

Anno di prima pubblicazione: 2007

Edito da: Rizzoli

Voto: 9,5/10

Pagg.: 754

___

Ultimo libro (ahimè) della saga I signori di Roma, “Cleopatra” prosegue nella narrazione delle vicende della Roma tardo-repubblicana, a partire dalla fine della battaglia di Filippi (nella quale Marco Antonio e Ottaviano avevano sconfitto i cesaricidi Bruto e Cassio, episodio narrato nel precedente libro “Le idi di marzo”, per il quale vedi qui), fino alla proclamazione di Cesare Ottaviano quale princeps di Roma, episodio cui si fa generalmente risalire l’inizio dell’età imperiale.

Un periodo di circa quindici anni, dal 42 a.C. (anno della sconfitta degli assassini di Cesare in Macedonia), al 27 a.C., anno in cui l’erede del Divo Giulio divenne “Augusto” per acclamazione dei senatori.

Dopo Filippi, i rapporti tra Marco Antonio e Ottaviano, già incrinati dopo che il primo era stato pretermesso dal testamento di Giulio Cesare (del quale pensava di diventare unico erede, mentre questi aveva scelto il giovane e apparentemente fragile Ottaviano), si deteriorarono del tutto.
Se prima erano rimasti uniti soltanto per sconfiggere Bruto e Cassio, ultimata quest’opera si apriva ufficialmente la lotta per decretare chi fosse il primo uomo di Roma.
Ottaviano, di vent’anni più giovane di Antonio e apparentemente più debole, aveva ottenuto, nella nuova spartizione delle province fatta dai triumviri, buona parte dell’Occidente, inclusa Roma e l’Italia.
Antonio si era preso l’Oriente, nella speranza di portare a termine l’impresa che lo avrebbe issato ai vertici della Repubblica romana: la guerra contro i Parti, quella nella quale si stava avventurando Giulio Cesare pochi giorni prima del suo assassinio.
Lepido, il terzo triumviro, era considerato l’uomo debole dei tre, ed era stato relegato in Africa.

La situazione in Italia, purtroppo per Ottaviano, era assolutamente ingestibile: il popolo era affamato e la causa di ciò risiedeva nel controllo dei mari da parte di Sesto Pompeo, il figlio di Pompeo Magno che, dopo la sconfitta del padre, si era dato alla pirateria.
Il suo assoluto dominio del Mare Nostrum e l’incapacità di Ottaviano di sconfiggerlo avevano portato Sesto a controllare di fatto la Sicilia e la Sardegna, i due granai d’Italia.
Ottaviano si trovava così costretto ad acquistare il grano da Sesto a prezzi esorbitanti.
Ci vollero anni per sconfiggere il figlio di Pompeo, anche perché Antonio (l’unico che avesse una flotta in grado di batterlo) si rifiutava di aiutare il suo rivale, vedendo in Sesto la spina nel fianco di Ottaviano che l’avrebbe aiutato nella sua opera di ascesa verso il potere di Roma.

In Oriente, intanto, Marco Antonio (sempre dedito ai bagordi e alle gozzoviglie, circostanza che portò alla sua mancata considerazione da parte di Cesare nel suo testamento) si innamorò della regina e faraona d’Egitto Cleopatra, la quale, dopo aver avuto un figlio da Giulio Cesare, il piccolo Cesarione, vedeva in Antonio un uomo che avrebbe potuto continuare a darle dei figli di stirpe nobile (Antonio era, del resto, un parente di Cesare).
Ma Cleopatra aveva mire decisamente più ampie: puntava infatti a servirsi di Antonio, convincendolo a muovere guerra contro Ottaviano, per far sì che suo figlio Cesarione diventasse il nuovo Re di Roma.
Dopo una brutta sconfitta subita nel tentativo di muovere guerra ai Parti e dopo che le notizie sul suo assoggettamento a Cleopatra si diffusero a Roma, Antonio perse continuamente credito tra i senatori (che pur detestavano, in larga maggioranza, il giovane Ottaviano).

La campagna di Ottaviano contro quella che definì la Regina delle Bestie, portò i romani (che non volevano un’altra guerra civile) a convincersi che Antonio fosse completamente in balia della Regina d’Alessandria (forse da lei drogato, visto il modo patetico in cui si comportava). Non si trattava dunque di una nuova guerra civile, ma della vera e propria minaccia da parte di un Regno straniero nei confronti di Roma.
Lo scontro era inevitabile e si consumò ad Azio, nell’attuale Grecia.
Indebolito dalle defezioni di molti legati e generali (che non accettavano di venire comandati da una donna, che si muoveva nella tenda di comando con un’arroganza inaccettabile), Antonio optò per la fuga in Egitto, in compagnia della Regina, dando così il pretesto ad Ottaviano per il colpo finale all’opera di discredito nei suoi confronti.
Le legioni di Antonio si arresero e la battaglia navale di Azio fu in realtà molto più contenuta di quello che ci si possa aspettare da un episodio storico così importante (in parte anche a causa della propaganda augustea, che doveva giustificare gli enormi tributi chiesti in Italia per far fronte alla guerra).
Ottaviano seguirà Antonio in Egitto per la sconfitta definitiva di quest’ultimo, macchiata peraltro dall’ennesima onta: il rifiuto delle sue legioni a combattere la battaglia decisiva per quello che un tempo era stato probabilmente il miglior generale romano dopo la morte di Cesare.
Il suicidio di Antonio e quello di Cleopatra (che si fece mordere al seno da un aspide), fu preceduto dall’assassinio di Cesarione da parte di Ottaviano, che vedeva in lui l’ultima minaccia per il suo potere. E ciò non tanto per il fatto che si trattasse di un ragazzo prodigio (anche se con gli anni aveva dimostrato di non avere minimamente l'ambizione del padre e della madre), bensì per l’incredibile somiglianza che questi aveva con il Divo Giulio, cosa che a Roma avrebbe potuto scombussolare l'emotività delle folle.
Quattro anni dopo Azio, nel 27 a.C., Ottaviano diventerà Cesare Augusto, su acclamazione dei senatori, dopo l’ennesima nomina consecutiva al consolato.
La Repubblica, pur formalmente preservata mediante l’istituzione di un princeps, era in realtà definitivamente tramontata a favore dell’Impero.

La compianta McCullough, scomparsa quest’anno all’età di 77 anni, chiuse in bellezza la splendida serie dedicata alla Roma tardo-repubblicana con questo romanzo che non è per nulla inferiore ai due bellissimi predecessori, che vedevano come protagonista una figura importantissima quale quella di Caio Giulio Cesare.
La narrazione degli eventi storici accaduti in quegli anni, romanzata ma sempre verosimile, è avvincente come un giallo ma nel contempo assai istruttiva.
L’unica piccola pecca che si può trovare in questo bellissimo romanzo storico è una ancorché lieve fatica nella parte iniziale, che è del resto la parte anche storicamente meno interessante.
Nonostante il titolo, il personaggio di Cleopatra ha sì un ruolo primario, ma non superiore a quello di Ottaviano e Marco Antonio, i due veri protagonisti di quegli anni.
Alle storie d’amore (tra cui quella celebre e travagliatissima tra il triumviro e la Regina d’Egitto) viene concesso il giusto spazio, senza che le pagine si riducano a scadere nel romanzo rosa.
Laddove le fonti sono incerte, l’Autrice azzarda una sua versione (ad esempio sull’andamento della battaglia di Azio), introducendo anche elementi medici, come già accaduto nei romanzi precedenti (la McCullough era del resto una neurologa): dalle amnesie che avrebbero colpito Antonio negli ultimi anni di vita (dovute probabilmente alla sua vita pregna di eccessi), alla diagnosi di gozzo che il medico di Cleopatra fece alla sua Regina, la quale, a differenza di quanto si ritiene generalmente (principalmente a causa dell’immagine che di essa diedero gli artisti e, più recentemente, il cinema), era una donna tutt’altro che bella.
Una donna ambiziosissima - quello sì - che si servì di Antonio per i suoi scopi salvo poi scoprire, quando ormai era troppo tardi, di amarlo veramente.
Una donna che, nella mistificazione cui va generalmente incontro il suo personaggio, è ritenuta alla stregua di una sgualdrina, come del resto la fece passare Ottaviano agli occhi di Roma.
Dall’interpretazione del personaggio fornita dalla McCullough (che per questa serie di romanzi ottenne una laurea honoris causa in lettere) emerge una Cleopatra che in realtà era disposta a concedersi soltanto a uomini di altissimo lignaggio (quali Cesare e Antonio) e soltanto al fine di perpetrare la discendenza della dinastia tolemaica con il migliore dei sangui reperibili in circolazione.
Il sangue di Giulio Cesare, ritenuto un Dio a Roma dopo la sua morte (ma per alcuni lo era già da vivo), e quello di Antonio che, pur inferiore al primo, era di lui cugino.

Davvero un’ottima saga storica quella de I signori di Roma, che purtroppo giunge a conclusione con questo capitolo, ma soltanto dopo aver regalato momenti avvincenti e emozionanti ai lettori che si sono fatti rapire dallo splendido stile della McCullough e da vicende storiche purtroppo spesso dimenticate, ma che libri come questi aiutano a tenere sempre vive.

Nessun commento: