30 novembre 2015

Mountain Madness, di Robert Birkby

Mountain Madness - Scott Fischer. Dalle pendici dell’Everest, la storia di una vita senza fine (Mountain Madness. Scott Fischer, Mont Everest & A Life Lived on High), di Robert Birkby

Anno di prima pubblicazione: 2009

Edito da: Alpine Studio

Voto: 7/10

Pagg.: 304

Traduttore: Elena Castagna

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Scott Fischer è stato un alpinista celebre negli Stati Uniti e un po’ meno altrove, se non dopo la sua triste fine durante la purtroppo famosa tragedia dell’Everest del 1996.

Un dramma di recente raccontato nel film Everest, ispirato dal libro Aria Sottile di Jon Krakauer (per cui vedi qui) e dalle altre pubblicazioni che hanno tentato di ricostruire quei fatidici giorni (tra cui Everest 1996 di Anatolij Bukreev, la guida assunta da Fischer e che ebbe con Krakauer un aspro dibattito sull’accaduto – per cui vedi qui).
Fischer morì mentre guidava, per la prima volta sull’Everest, una spedizione commerciale della Società da lui fondata, la Mountain Madness, che dà il titolo al libro.

L’autore è uno scrittore e alpinista americano, amico di lungo corso di Fischer, con cui aveva condiviso alcune delle sue avventure.
La biografia inizia proprio con la prima scalata che i due compirono insieme, quella del Monte Olympus, nello Stato di Washington.
Con un lungo flash-back, l’autore racconta dunque la vita di Fischer, a partire dalla sua adolescenza.
La passione per la montagna (e per l’avventura in genere) sbocciò grazie ad una trasmissione televisiva, Trenta giorni per la sopravvivenza, che lo convinse ad iscriversi ai campus della NOLS, la National Outdoor Leadership School, una vera e propria scuola di sopravvivenza outdoor, con sede nel Wyoming.
Ben presto Scott diventerà un aiuto istruttore, dunque un istruttore, ancora in giovanissima età.
Dopo l’esperienza alla NOLS, Fischer decide di voler coltivare in autonomia la sua passione per la montagna e la scalata.
Inizia così a girare per i monti degli Stati Uniti, compiendo varie ascensioni nel North-West e in Alaska.
Nel 1984 fonda, insieme a due soci, la Mountain Madness e inizia ad espandere la sua rete alpinistica anche all’estero: in quello stesso anno compie la seconda scalata assoluta (dopo quella di Messner) del complicatissimo Breach Icicle del Kilimanjaro.
A seguire, il tentativo fallito di raggiungere la vetta dell’Annapurna Fang (nel libro è presente una bellissima fotografia, scattata da Fischer, dell’infinita e sottilissima cresta a lama di coltello che porta alla cima).
Dunque il monte Elbrus, la vetta più alta d’Europa (per coloro che pongono l’inizio dell’Asia nella catena del Caucaso).
Ed ecco l’Himalaya, che aveva attratto Fischer fin da giovane, quando vi si recò con un amico (partendo dalla Svizzera e arrivando a Kathmandu in autostop), tentando la scalata dell’allora inviolato Langtang Larung. A quei tempi fu l’inesperienza e la mancanza di attrezzatura idonea a fermare i due giovani prima della vetta.
L’Himalaya e, in particolare, l’Everest, vera ossessione di Scott, che dovette compiere diversi tentativi prima di raggiungere la vetta, in grande stile.
Nel mezzo altre scalate notevoli: il K2 con Ed Viesturs nel 1992 e la prima scalata americana del Lhotse, la quarta vetta più alta del pianeta.
Ed ecco la drammatica spedizione della primavera del 1996, che Birkby decide praticamente di non raccontare, essendosi del resto già spesi fiumi di inchiostro su quella tragedia.
L’autore si dedica soltanto al prima e al dopo, alle emozioni derivanti dalla possibilità di portare per la prima volta dei clienti sulla vetta del mondo e alla commozione causata dalla scomparsa di quell’uomo che si pensava inarrestabile.

Una bella biografia, emozionante e intensa nelle parti in cui descrive le grandi avventure di uno scalatore straordinario, per forza fisica e di volontà. Unica pecca è la parte iniziale, quella della giovinezza di Fischer, che inevitabilmente cattura meno l’attenzione. Il registro cambia completamente con i resoconti delle prime grandi scalate, a partire da quella del Kilimanjaro, poco prima di metà libro. Da quel momento è un continuo (ed un crescendo) di emozioni e avventura, che consentono al lettore di conoscere a fondo una grande figura dell’alpinismo americano di fine Novecento.

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