Terra del Fuoco (Tierra del Fuego), di Francisco Coloane
Anno di prima pubblicazione: 1956
Edito da: Guanda, TEA
Voto: 8/10
Pagine: 176
Traduttori: Pino Cacucci, Gloria Corica
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“C’è un uomo grande e
amabile, laggiù, nelle terre alla fine del mondo”.
Quell'uomo è Francisco Coloane, secondo la devota
presentazione che di lui fa il connazionale e collega Luis Sepulveda, nella sua
sentita prefazione. Sepulveda aveva incontrato più volte questo “adolescente dalla barba bianca”, una
delle quali è descritta in Patagonia
Express.
Coloane ha ispirato una moltitudine di scrittori (tra cui
Chatwin), e viene giustamente accostato a grandi autori di narrativa e di
avventura quali Jack London, Joseph Conrad o Herman Melville.
Per Sepulveda, Coloane rappresenta “Lo scrittore che più di ogni altro è riuscito a spalancare le porte su
un mondo sconosciuto”, la Patagonia e la Terra del Fuoco, due lande dove
regna incontrastata la natura, che l’uomo può limitarsi ad osservare e, come
nel caso di Coloane, descrivere.
Ma Patagonia e Terra del Fuoco non sono solo due mondi
geografici. Sono due territori che temprano l’uomo a loro immagine e
somiglianza. E anche tali uomini sono meritevoli di essere descritti e
raccontati:
“Nei miei racconti e
nei miei romanzi, ho voluto esprimere l’anima dell’uomo cileno, soprattutto
quello di Chiloé o della regione magellanea, confinato tra i mari, i golfi, le
cordigliere frastagliate e i ghiacciai millenari del Sud, circondato
dall'oceano più burrascoso del pianeta. In questo scenario grandioso vive un
uomo debole quanto una brezza, e nello stesso tempo forte come il vento
dell’Est”.
Francisco Coloane nacque nell'isola di Chiloè, che della
Patagonia non fa parte, ma che con essa condivide molte caratteristiche, non
solo geografiche. Nella sua giovinezza viaggiò a lungo, imbarcato come
marinaio, in giro per le estancias
come peon.
Viaggiò per necessità e non per diletto, ma questo suo
continuo viaggiare contribuì alla sua formazione e a farlo innamorare di quelle
splendide terre.
Le terre patagoniche e fuegine sono il filo conduttore dei
racconti che compongono questa raccolta.
Il titolo “Terra del Fuoco” riprende quello di uno di questi
racconti, il primo, in cui Coloane narra le vicende di solitari cercatori
d'oro, i cui rapporti sono segnati dalla diffidenza. Quella dei cercatori d’oro
in Terra del Fuoco è una pagina di storia che inizia nel tardo Ottocento e
prosegue nel primo Novecento. Una caccia all'oro simile a quella del far-west
americano, ma non altrettanto fortunata: pochi si sono arricchiti con tale
attività e molti sono quelli rimasti delusi, inseguendo miraggi.
Circostanze
che hanno portato alla coltivazione di rapporti umani segnati dal sospetto.
Lo scrittore cileno rende magnificamente le emozioni dei
suoi personaggi in un contesto in cui fortemente protagonista è il territorio.
Ma i racconti non sono ambientati solo nella celebre isola a
sud dello Stretto di Magellano. Molti di essi si collocano in altre regioni
della Patagonia, come quello che narra di un’esperienza mistica nella Cueva del Milodon, celebrata da Chatwin
in In Patagonia. Una grotta “coperta di stalattiti, come se l’intera
caverna lacrimasse in un perpetuo e notturno pianto millenario”.
C’è spazio anche per toccanti storie di eroismo, all'epoca
delle rivolte sociali dopo la Grande Guerra, in Come morì il chiloese Otey.
Non sono solo i cercatori d’oro quelli che si tradiscono per
soldi, ma anche semplici marinai, la cui routinaria realtà Coloane conosce bene
per averla vissuta per lungo tempo nella sua adolescenza, e che, anche grazie a
tale esperienza, espone in modo impeccabile.
Da Puerto Montt a Puerto Eden: una rotta leggendaria tra i
fiordi cileni, verso un posto dimenticato da Dio. Protagonista stavolta un
innocente agnellino, guardato inizialmente con occhi famelici dai marinai per
poi divenire mascotte della nave.
Gli uomini descritti da Coloane, gli uomini della Patagonia,
sono pregni di dignità. I loro valori sono totalmente capovolti rispetto agli
uomini di città:
“Che me ne faccio dei
soldi su quest’isola? Non posso certo mangiarmeli; una pecora, invece, può
sfamare tutta la mia famiglia, in caso di necessità”.
Uomini segnati dal territorio e che spesso si rifugiano nel
mutismo per fuggire mentalmente da una realtà troppo difficile. Come nel
racconto ambientato nell'isola di Navarino, a sud di Ushuaia, l’ultimo lembo di
terra abitata prima dell’Antartide, che ha come protagonista un “uomo indecifrabile, immerso nel suo silenzio
come un iceberg che mostrava solo la settima parte delle sue dimensioni reali,
rugoso e pietrificato come la natura che lo circondava”. Una similitudine
splendida, quella dell’uomo-iceberg, con cui Coloane ci ricorda ancora una
volta come la natura forgia lo spirito dell’uomo fino a farlo diventare parte
di sé.
Una raccolta di racconti di singolare bellezza e l’ultimo di
essi, quello sul costruttore del faro, né è un esempio formidabile.
Racconti da gustare in silenzio, con grande concentrazione,
per immedesimarsi completamente.
Racconti che si immergono a fondo nella psiche di uomini
temprati dal vento e dall'isolamento di quei posti solitariamente meravigliosi.
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