4 febbraio 2016

Dennis Hopper – Easy Rider, di Giampiero Frasca

Dennis Hopper – Easy Rider, di Giampiero Frasca

Anno di prima pubblicazione: 2000

Edito da: Lindau

Voto: 8/10

Pagg.: 142

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All'interno della bella collana Universale / Film di Lindau, che propone approfondite monografie di singoli lungometraggi, il critico torinese Giampiero Frasca sviscera il film di Dennis Hopper che ha segnato una generazione.
Oltre ad essere il road movie per eccellenza, Easy Rider è infatti un film assolutamente rivoluzionario ed epocale.
Se molti fanno risalire la nascita della Nuova Hollywood ai due precedenti Il laureato e Gangster story, con Easy Rider si cancella quanto meno qualsiasi dubbio sul fatto che il cinema americano sia cambiato e che sul classicismo hollywoodiano sia stata definitivamente abbassata la saracinesca.

Frasca presenta il film partendo da una contestualizzazione dello stesso nel panorama cinematografico di fine anni Sessanta. Con Easy Rider, spiega l'Autore, si passa dal biker movie al road movie, ossia da pellicole a soggetto motociclistico al rivoluzionario concetto di film di viaggio nelle sue connotazioni di libertà, percorso, crescita.
Seguono i dettagli tecnici e una breve descrizione delle 34 sequenze di cui è composto il film, per ciascuna delle quali è indicata anche la durata.
L'autore analizza poi due sequenze particolarmente significative:
- quella dell'incontro con il Deep South, ossia l'importante scena in cui i tre viaggiatori sono oggetto delle intolleranze e delle minacce di un gruppo di rednecks della Louisiana (l'analisi viene effettuata prima inquadratura per inquadratura e poi genericamente);
- quella del trip lisergico, uno dei momenti più suggestivi della pellicola.

Dopo un breve capitolo dedicato al regista, ne seguono due corposi con l'analisi vera e propria del film, ricca di spunti di riflessione e di aneddoti curiosi (come quello sull'accoglienza che la pellicola ebbe nei cinema degli Stati Uniti del sud, ove la drammatica scena finale fu accolta con scroscianti applausi liberatori, a dimostrazione del fatto che Hopper ci aveva visto giusto ed era andato a fotografare alla perfezione la profonda divisione sociale del Paese).
Tra le sezioni più interessanti, il paragrafo in cui Frasca parla di Easy Rider come western moderno (l'idea del viaggio al contrario, da ovest verso est; le motociclette che sostituiscono idealmente i cavalli, in un passaggio di consegne che viene immortalato nella stessa pellicola). Ma anche il paragrafo in cui si mette in luce il carattere documentaristico di certe scene (carnevale di New Orleans e non solo) nonché l'improvvisazione che ha dominato in altre sequenze (la summenzionata scena del caffè del Deep South, ove gli attori erano stati selezionati tra la gente posto, a cui il regista aveva chiesto di parlare liberamente dei tre “capelloni” che sarebbero entrati).
Segue un'interessante analisi della colonna sonora in chiave contenutistica, un'antologia critica di commenti al film e una ricca bibliografia.

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