Anno di prima pubblicazione: 2000
Edito da: Lindau
Voto: 8/10
Pagg.: 142
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All'interno della bella collana
Universale / Film di Lindau, che propone approfondite
monografie di singoli lungometraggi, il critico torinese Giampiero
Frasca sviscera il film di Dennis Hopper che ha segnato una
generazione.
Oltre ad essere il road movie
per eccellenza, Easy Rider è infatti un film assolutamente
rivoluzionario ed epocale.
Se molti fanno risalire la nascita
della Nuova Hollywood ai due precedenti Il laureato e
Gangster story, con Easy Rider si cancella quanto meno
qualsiasi dubbio sul fatto che il cinema americano sia cambiato e che
sul classicismo hollywoodiano sia stata definitivamente abbassata la
saracinesca.
Frasca presenta il film partendo da una
contestualizzazione dello stesso nel panorama cinematografico di fine
anni Sessanta. Con Easy Rider, spiega l'Autore, si passa dal
biker movie al road movie, ossia da pellicole a
soggetto motociclistico al rivoluzionario concetto di film di viaggio
nelle sue connotazioni di libertà, percorso, crescita.
Seguono i dettagli tecnici e una breve
descrizione delle 34 sequenze di cui è composto il film, per
ciascuna delle quali è indicata anche la durata.
L'autore analizza poi due sequenze
particolarmente significative:
- quella dell'incontro con il Deep
South, ossia l'importante scena in cui i tre viaggiatori sono
oggetto delle intolleranze e delle minacce di un gruppo di rednecks
della Louisiana (l'analisi viene effettuata prima inquadratura per
inquadratura e poi genericamente);
- quella del trip lisergico, uno dei
momenti più suggestivi della pellicola.
Dopo un breve capitolo dedicato al
regista, ne seguono due corposi con l'analisi vera e propria del
film, ricca di spunti di riflessione e di aneddoti curiosi (come
quello sull'accoglienza che la pellicola ebbe nei cinema degli Stati
Uniti del sud, ove la drammatica scena finale fu accolta con
scroscianti applausi liberatori, a dimostrazione del fatto che Hopper
ci aveva visto giusto ed era andato a fotografare alla perfezione la
profonda divisione sociale del Paese).
Tra le sezioni più interessanti, il
paragrafo in cui Frasca parla di Easy Rider come western
moderno (l'idea del viaggio al contrario, da ovest verso est; le
motociclette che sostituiscono idealmente i cavalli, in un passaggio
di consegne che viene immortalato nella stessa pellicola). Ma anche
il paragrafo in cui si mette in luce il carattere documentaristico di
certe scene (carnevale di New Orleans e non solo) nonché
l'improvvisazione che ha dominato in altre sequenze (la summenzionata
scena del caffè del Deep South, ove gli attori erano stati
selezionati tra la gente posto, a cui il regista aveva chiesto di
parlare liberamente dei tre “capelloni” che sarebbero entrati).
Segue un'interessante analisi della
colonna sonora in chiave contenutistica, un'antologia critica di
commenti al film e una ricca bibliografia.
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