Anno di prima pubblicazione: 2014
Edito da: 0111 edizioni
Voto: 8/10
Pagg.: 186
___
Sulla vita di Archimede di Siracusa,
uno dei più grandi scienziati e matematici dell'antichità, aleggia
ancora oggi un alone di mistero.
Se, da un lato, sono ben note alcune
sue scoperte nel campo della fisica (il Principio che porta il suo
nome, la leva, ecc.) e in quello geometrico-matematico (soprattutto
la misura del cerchio), assai più misteriosa è la sua attività di
inventore, in particolar modo quella degli ultimi anni, quando si
narra che la sua fervida mente si mise al servizio di Siracusa per
resistere all'assedio dei Romani durante la seconda guerra punica.
Quest'opera - che, come si intuisce fin
dal sottotitolo, vuole essere prima di tutto un romanzo, senza
pretese di verosimiglianza storica - è per buona parte ambientata
proprio negli anni che precedettero la presa di Siracusa da parte del
console Marcello.
Il libro inizia con un prologo in cui
si racconta della scoperta della tomba di Archimede da parte di
Cicerone, quello che Carl Boyer definisce provocatoriamente come il
più grande contributo (forse l'unico) dato alla matematica dal mondo
dell'antica Roma.
Si passa dunque alla narrazione degli
istanti immediatamente successivi alla presa della città da parte
dei romani, con la cattura di un uomo di nome Dinostrato, che si
scopre essere stato prima il servo e poi l'assistente di Archimede.
Con l'espediente di un lungo racconto
che Dinostrato fa al console Marcello della vita del suo padrone,
inizia il romanzo vero e proprio, sotto forma di un lungo flashback.
La storia è divisa in due filoni, che
corrono paralleli per tutto il libro, alternandosi di capitolo in
capitolo: il primo racconta gli anni passati da Dinostrato al
servizio di Archimede (227-215 a.C.), un espediente che serve a
presentare gradualmente il matematico in tutto il suo eclettismo e la
sua stravaganza di uomo di scienza sbadato e preoccupato soltanto dai
suoi calcoli e dai suoi progetti (questa è la parte in cui l'autore
infonde maggiormente la sua creatività, essendo oscuri i dettagli
sulla vita privata del grande scienziato greco). Il secondo filone
narrativo (214-212 a.C.), che si alterna costantemente al primo,
racconta invece le fasi dell'assedio romano e di come la città
siciliana riuscì a resistere per circa due anni al tentativo di
invasione.
Questa parte del romanzo è quella che
ha potuto contare su un maggior numero di fonti (trattandosi di un
episodio storico ben documentato), anche se parecchi dubbi restano su
quali e quante furono le invenzioni belliche create da Archimede per
resistere all'assedio.
Dalla semplice applicazione delle leggi
matematiche ad armi già esistenti, le catapulte, che divennero
pressoché infallibili grazie ai calcoli dello scienziato siracusano,
alla creazione di armi nuove e micidiali come la temibile manus
ferrea, quella che probabilmente fu una sorta di gru utilizzata
per sollevare e rovesciare le navi nemiche che si spingevano vicine
alle mura del porto di Ortigia.
Discusso, invece, è l'effettivo
utilizzo dei celebri specchi ustori, con i quali sarebbero
state incendiate le navi romane utilizzando la luce solare. L'autore
propone una contro-teoria interessante e suggestiva (ma, come detto,
difficile da riscontrare): Archimede avrebbe effettivamente ideato
gli specchi ustori, ma resosi conto dell'irrealizzabilità degli
stessi (a causa del peso e delle dimensioni, nonché dell'enorme
quantità di bronzo che si sarebbe dovuta utilizzare), non li fece
mai costruire. Bastò tuttavia mettere in giro la voce – affinché
arrivasse alle spie romane – della possibilità di utilizzarli,
qualora i romani si fossero spinti nelle vicinanze del porto. Gli
specchi ustori come deterrente, dunque, con i romani che non avevano
la minima intenzione di provarne l'efficacia dopo aver già saggiato
la micidiale manus ferrea.
Nel complesso, quello di Francesco
Grasso, scrittore semi-professionista due volte vincitore del premio
Urania, è un buon romanzo storico, molto coinvolgente e ben scritto.
Forse ha il difetto di non partire
benissimo, ma quando inizia a carburare è davvero difficile
staccarsi dalle sue pagine.
Un romanzo che probabilmente poteva
meritare un palcoscenico editoriale più importante, e lo sta a
dimostrare il buon successo di pubblico che ha avuto, grazie al
sempre efficace strumento del passaparola.
Per quanto riguarda l'attendibilità
storica, fatte le già citate premesse relative all'oscurità che
aleggia sulla vita e sulle invenzioni belliche di Archimede,
sicuramente non si può sostenere l'inverosimiglianza del racconto.
Vero è che il romanzo liquida con
forse eccessiva superficialità alcuni temi fondamentali (come quello
strategico delle alleanze, con Siracusa che volta la faccia all'ex
alleato romano per schierarsi con Cartagine). Ma del resto non siamo
di fronte ad un saggio storico, e dunque si tratta di omissioni su
cui si può tranquillamente sorvolare, considerata la principale
finalità dell'opera che è chiaramente quella di intrattenere.
Quello che invece risulta un po'
pretenzioso, in certi passaggi del romanzo, sono alcune uscite che
cercano il colpo ad effetto basandosi su presunte spiegazioni
etimologiche che tuttavia non trovano riscontro (artiglieria,
che deriverebbe dall'artiglio, ossia la manus ferrea costruita
da Archimede; nonché l'espressione delfino – nell'accezione
di successore – che l'autore riconduce al passaggio, nelle monete
di Siracusa, dalla rappresentazione di un delfino a quella dell'erede
di Gerone).
4 commenti:
Anzitutto grazie per la recensione. Naturalmente non sono d'accordo su tutte le tue considerazioni, in particolare sulla chiusa finale, ma indubbiamente la lettura è stata attenta e il giudizio ponderato. Apprezzo, spero che continuerai a seguire la mia narrativa. FG
in cauda venenum :)
a parte le battute, quelle due frasi mi avevano colpito molto durante la lettura ed infatti ero andato ad approfondire, non trovando però alcun riscontro (semplificando: "artiglieria" - che è il termine etimologicamente più controverso - sembra derivare da Ars, ossia l'arte della guerra, mentre artiglio deriva da arto, quindi la radice non sembra comune; quanto a "delfino", nella sua accezione di successore, l'etimologia sembra più certa ed è riferibile ai delfini presenti nello stemma nobiliare della casata dei Conti di Vienna sul Rodano, da cui anche il nome della provincia del Delfinato)... ma magari non ho approfondito abbastanza...
in ogni caso, a parte queste cose, che restano delle piccolezze, nel complesso il mio giudizio sul romanzo è più che positivo, come penso emerga dalla recensione!
Caro Usbek,
torno, a distanza di un anno dal nostro scambio di commenti, per chiedere se ti può interessare leggere il mio nuovo romanzo storico I DUE LEONI, ai fini di un'eventuale recensione. In caso, sarei lieto di inviartene una copia. Fammi sapere.
F.Grasso
Buonasera Francesco,
grazie dell'offerta, lo leggerò con attenzione e dedizione, come ho fatto per Il matematico che sfidò Roma, libro di cui, a distanza di un anno, conservo ancora un ottimo ricordo (e ti dirò che mi è capitato più di qualche volta di parlarne con amici e conoscenti).
Ti lascio la mia e-mail:
lultimospettacolo@yahoo.com
Posta un commento