24 ottobre 2015

Fisica quantistica per poeti, di Leon Lederman e Christopher Hill

Fisica quantistica per poeti (Quantum Physics for Poets), di Leon M. Lederman e Christopher T. Hill

Anno di prima pubblicazione: 2011

Edito da: Bollati Boringhieri

Voto: 7/10

Pagg.: 327

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Chiariamo subito una cosa: fisica quantistica e poesia sono due discipline che non hanno niente in comune, nonostante il suggestivo titolo di quest’opera, chiaramente formulato per ragioni commerciali.

La fisica quantistica è infatti una materia scientifica, forse la più complessa disciplina al momento esistente. Una materia che, parafrasando gli autori, se non ti sciocca profondamente significa che non l’hai capita per niente.
La novità (e la complessità) della meccanica quantistica sta innanzitutto nell’aver introdotto la probabilità là dove qualsiasi fisico di inizio Novecento si sarebbe aspettato di trovare l’applicazione più pura del metodo scientifico, la porta d’ingresso verso il determinismo.
Probabilità non significa approssimazione, dato che questa disciplina è l’unica che finora è stata davvero in grado di definire il funzionamento della materia, con precisione inattesa, una volta discesi nel campo dell’infinitamente piccolo.
La precisazione sugli ordini di grandezza è d’obbligo: finché rimaniamo nell’ambito dimensionale a noi più consono, quello macroscopico, la fisica classica, quella di Galileo e Newton, sembra infatti infallibile nel descrivere la realtà (dal moto dei corpi celesti, a fenomeni come le eclissi, fino alle traiettorie dei veicoli spaziali). Grazie alla fisica classica volano gli aeroplani, e grattacieli e ponti stanno in piedi e resistono a venti e terremoti.
Eppure, non appena si entra nel campo dell’infinitamente piccolo, qualcosa sembra non funzionare più e la fisica classica si dimostra inadeguata nel descrivere i misteriosi fenomeni che avvengono a quelle scale di grandezza.

Dopo un lungo e scolastico ripasso di fisica, dalla meccanica alla relatività, il saggio cerca di spiegare, con il linguaggio più semplice possibile (adeguato ai poeti, per l’appunto), questi incomprensibili fenomeni scientifici, che hanno dato più di un grattacapo a scienziati di prim’ordine: lo stesso Einstein rifiutò fino alla fine le conclusioni cui perveniva la meccanica quantistica ed ingaggiò un epico duello con uno dei padri di questa disciplina, il danese Niels Bohr.
Eppure, nonostante tutta la buona volontà degli autori, è davvero difficile arrivare a comprendere a fondo le questioni sollevate da questa materia.
Ciò che invece si riesce a capire discretamente è la straordinaria portata e la meravigliosa illogicità delle conclusioni a cui giunge.

A livello microscopico, non vi è una realtà definita. È l’atto dell’osservazione, è la misurazione che crea, definisce una certa realtà.
Come spiegarsi infatti il fenomeno per cui un singolo elettrone attraversa contemporaneamente le due fenditure di un piano se nessuno lo osserva (dando origine ad un’interferenza), mentre sceglie un solo possibile cammino se qualcuno o qualcosa lo guarda?
Sembra incredibile, ma le osservazioni sperimentali lo dimostrano.
Occorre dunque cambiare l’idea stessa che si ha della materia:
gli elettroni non sono né particelle né onde: sono un’altra cosa, del tutto inedita. Sono stati quantici”.
Se nel mondo macroscopico l’osservazione di un oggetto cambia soltanto la nostra precedente condizione di ignoranza, per la fisica quantistica, invece, la misurazione fa sì che lo stato stesso dell'oggetto subisca una modifica.
È sempre bene ricordare, durante la lettura, che non si sta parlando di strampalate supposizioni tutte da verificare.
La correttezza dei principi della meccanica quantistica è riconosciuta ormai dalla stragrande maggioranza dei fisici e degli addetti ai lavori:
La meccanica quantistica… è il più radicale cambiamento di prospettiva avvenuto nel pensiero umano da quando i Greci antichi iniziarono ad abbandonare il mito a favore della ricerca di princìpi razionali nell’universo”.

La storia della scienza ha già vissuto momenti di shock collettivo, con la dimostrazione sperimentale di fenomeni che la logica comune non poteva accettare, perché totalmente contro-intuitivi.
Quando Galileo dimostrò, con il celebre esperimento effettuato sulla Torre di Pisa, che due oggetti di peso molto diverso si schiantano simultaneamente al suolo se lasciati cadere nello stesso momento, provocò una reazione probabilmente simile a quella che molti hanno avuto di fronte alle astrusità della fisica quantistica.
Un esempio su tutti: se dovessimo prestare ascolto alla fisica classica, le resistenze del tostapane dovrebbero splendere di una luce blu. Eppure tutti sanno che non è così: la luce è rossa e ciò viola clamorosamente le leggi classiche. Il tostapane è l’odierna Torre di Pisa.

L’uomo medio è abituato a sminuire la portata di ciò che non riesce a comprendere.
Eppure, quelle che potrebbero sembrare inutili teorie da scienziati perdigiorno hanno in realtà un’importanza enorme nell’economia e nella società di oggi: basta dire che senza la meccanica quantistica oggi non navigheremmo su Internet. È stato addirittura calcolato che il 60 per cento del PIL americano dipende da tecnologie che hanno a che fare con la fisica quantistica.
Siamo dunque di fronte ad una branca della scienza estremamente importante, anche se in pochi riescono davvero a comprenderla (e questo libro, purtroppo, non riesce a spiegarla ai “poeti”, nonostante il notevole sforzo di semplificazione). Una materia che fornisce un’idea di realtà assolutamente bizzarra e per certi versi inaccettabile, ma che tuttavia, come i risultati sperimentali dimostrano ogni giorno, funziona benissimo, a livello quasi miracoloso.
Non resta che consolare il nostro ineluttabile senso di ignoranza di fronte a certi temi con una frase di Steven Weinberg, premio Nobel per la fisica nel 1979:
La filosofia della meccanica quantistica è così irrilevante rispetto alle sue applicazioni che sorge il sospetto che le grandi domande siano in realtà prive di significato”.

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