19 agosto 2014

La tempesta, di William Shakespeare

La tempesta (The Tempest), di William Shakespeare 

Anno di prima rappresentazione: 1611

Edito da: Feltrinelli, Mondadori, Einaudi, Garzanti, Newton & Compton e altri

Voto: 9/10

Pagg.: 218 (nell'edizione Newton & Compton)

Traduttore: Guido Bulla

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Una delle ultime commedie scritte dal Bardo di Stratford-upon-Avon narra la storia di Prospero, già Duca di Milano, spodestato a seguito di un complotto ordito nei suoi confronti dal fratello.
Rifugiatosi su un’isola imprecisata del Mediterraneo ed apprese le oscure arti della magia, avrà modo di vendicarsi non appena la nave che trasporta suo fratello e il Re di Napoli Alonso si troverà a passare al largo della sua isola.
Scatenerà una terribile tempesta, causando un naufragio che costringerà l’equipaggio a rifugiarsi sull'isola.
La rivincita di Prospero sarà duplice: aiutato da Ariel, lo spirito dell’Aria, si farà rinominare Duca di Milano a scapito del fratello e combinerà il matrimonio di sua figlia Miranda (che abita con lui quell’isola sperduta) con il figlio del Re di Napoli Ferdinando.
Quella di Prospero è appunto una rivincita più che una vendetta. Mosso dal sacro lume della ragione perdonerà infatti i suoi nemici anziché infierire contro di loro:
Sono stato ferito nel profondo
Dai gravi torti che essi mi hanno inflitto,
Ma scendo in campo contro il mio furore:
Scelgo la nobiltà della ragione. L’atto della clemenza
È più raro dell’atto di vendetta.
Nella più classica struttura della commedia teatrale, Shakespeare fa di Prospero il deus ex machina che con le sue azioni (umane e sovrumane) ripara i torti subiti nel passato.
Non si possono non ravvisare ampie similitudini con l’Odissea di Omero (l’isola in cui regna una strega, Sycorax, poi spodestata da Prospero; la nave che vaga nel Mediterraneo e finisce sull’isola a seguito della tempesta).
Il tema dell’amore a prima vista, quello tra Miranda (che, da quando vive, non ha mai veduto altri uomini all’infuori di suo padre) e Ferdinando; un amore che Shakespeare definisce in modo del tutto curioso:
Vermetto mio, hai preso l’infezione!
E poi il tema della magia, in un’epoca in cui scalpore aveva destato la condanna al rogo di Giordano Bruno.
Una magia che a tratti si confonde con la realtà dell’esistenza, in alcuni dei versi più belli e famosi del Bardo:
Questo edificio senza fondamenta,
Le torri incappucciate dalle nubi,
I sontuosi palazzi e i sacri templi,
Lo stesso immenso globo e quello che contiene,
Si, tutto andrà dissolto, e, come lo spettacolo
Incorporeo che abbiam visto svanire,
Non lascerà uno strascico di nuvole.
Siamo della materia di cui son fatti i sogni,
Ed è cinta da un sonno la nostra vita piccola.

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