27 novembre 2014

Barnum 2. Altre cronache dal grande show, di Alessandro Baricco

Barnum 2. Altre cronache dal grande show, di Alessandro Baricco

Anno di prima pubblicazione: 1998

Edito da: Feltrinelli

Voto: 8/10

Pagg.: 208

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Ho cominciato il “sequel” di Barnum con una profonda perplessità, memore di quell'ultima pagina del primo libro, che ancora grida vendetta (vedi qui la recensione del primo Barnum).

Il libro raccoglie, nella prima parte, altri articoli tratti dall'omonima rubrica pubblicata per La Stampa, rubrica che, ad un certo punto, l'autore torinese smise di scrivere: “non ci sono grandi difese contro il rischio della routine: smettere è sempre un buon sistema”.
Seguono articoli di vario genere, scritti successivamente per La Stampa e Repubblica, sebbene - come confessa lo stesso Baricco, con una riuscita metafora, in una breve prefazione - il lavoro di scrittore che scrive per i quotidiani gli risulti sempre più complicato e insidioso: “Continuo a pensare che, per uno scrittore, sia molto difficile, oggi, lavorare per i quotidiani. Il baricentro dei giornali, che una volta pendeva dalla parte dell'informazione, oggi rincorre l'estremo opposto, quello della narrazione. Così c'è un grande ingorgo dove, un tempo, passeggiavano, solitari, gli scrittori. Per chi può capire, vale per noi quel che vale, nel football, per i numeri 10: il gioco è cambiato, e tocca far prodezze in un fazzoletto di campo, con tutti addosso. Ti salvi quando sei in giornata. Ma quando cominci a sbagliare tunnel e colpi di tacco fai presto a diventare un lusso irritante. Con tutto ciò, non ho mai pensato veramente di smettere, e anzi mi piace ringraziare qui i due quotidiani sopra citati per avermi sempre trovato un posto in squadra. Baggio, per dire, non ha avuto la stessa fortuna”.

Baricco racconta, ancora una volta, varie storie, più o meno celebri.
Come quella del pugile Jack La Motta, di cui riporta una bellissima frase capace di descrivere, con rara efficacia e piglio tragicomico, la condizione degli italo-americani nella New York della prima metà del Novecento: “La mia famiglia era così povera che ogni Natale mio padre usciva di casa e sparava qualche colpo di pistola. Poi rientrava e a noi ragazzi diceva che Babbo Natale si era suicidato”.

Molto belli anche i due articoli dedicati agli sport del rugby e del motomondiale. Descrivere un evento sportivo con intensità romanzesca, condita da non banali riflessioni psicologiche, non è da tutti. Sicuramente più facile è esaltarne la componente eroica. Riuscire a coniugare le due cose, unendole ad un resoconto che non è la solita meccanica cronaca fatta di imperfetti e punti e a capo, raggiungendo una complessiva armonia di fondo, ebbene quello è sintomo di grande scrittura.
Potrei sembrare un adulatore di Baricco, a parlarne così bene. Meglio dunque evidenziare fin da subito anche i difetti della scrittura e dello stile dell'autore torinese.
Il principale, quello che maggiormente lascia un senso di fastidio nel lettore, è il generale senso di incoerenza che sembra trasparire dal suo pensiero: un giorno scrive di uno sport nazional-popolare come quello delle bocce, esaltandolo ed ergendolo metaforicamente ad emblema sociale; il giorno dopo disserta di temi raffinati (soprattutto commentando la cosiddetta “musica colta”), con saccenteria e snobismo intellettuale, stigmatizzando tutto ciò che si discosta dall'ideale di perfezione stilistica (e molto spesso questo ideale è un qualcosa di assolutamente soggettivo, una creazione dei pensieri e dei gusti dello scrittore, per quanto efficacemente illustrati e – quasi – oggettivati).
Forse è questo aspetto che fa di Baricco un bersaglio puntuale per il critico letterario: la ricerca di consensi allargati facendo sentire al lettore la sua vicinanza sui temi del quotidiano, per poi condurlo per mano nei rigorosi territori del sapere secondo le sue personalissime interpretazioni.

In conclusione ed in generale, il secondo Barnum è una lettura leggera ma piacevole. Un amarcord di momenti e avvenimenti, soprattutto per chi ha letto questo libro a distanza di molto tempo dalla sua prima pubblicazione e da quando sono stati scritti gli articoli.
[Appunti sparsi 2007]

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