1 novembre 2014

Cavalli selvaggi, di Cormac McCarthy

Cavalli selvaggi (All the Pretty Horses), di Cormac McCarthy

Anno di prima pubblicazione: 1992

Edito da: Einaudi

Voto: 7,5/10

Pagg.: 299

Traduttore: Igor Legati

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Primo capitolo della Trilogia della frontiera, Cavalli selvaggi racconta la storia di John Grady Cole, un ragazzo che fugge dal Texas con il suo amico Rawlins, partendo a cavallo verso il Messico, dove punta a trovare un impiego come cowboy.

È un mojado-reverso, un emigrante clandestino al contrario, come lo chiama la figlia dell'hacendado, Alejandra, la ragazza di cui si innamorerà durante il periodo in cui effettivamente riuscirà a coronare il suo sogno, trovando lavoro, insieme a Rawlins, presso un grande ranch, come domatore di cavalli selvaggi.
Prima di arrivare al ranch i due avevano incontrato il giovane Jimmy Blevins, un ragazzino, forse tredicenne, anch’egli diretto in Messico a cavallo di un bellissimo baio.
I tre avevano percorso buona parte della strada insieme, dopo un’iniziale diffidenza, fino a che Blevins aveva perduto il cavallo.
Rintracciato il baio nel villaggio vicino, lo avevano recuperato, venendo però inseguiti dai nuovi proprietari.
Era allora che le strade di Blevins e dei due amici si erano separate.
La polizia rintraccia John Grady e Rawlins nel ranch, accusandoli di essere complici di Blevins, il quale, per recuperare la sua pistola, era poi tornato nel villaggio uccidendo alcuni messicani.
L’hacendado, che una prima volta aveva difeso John Grady, venuto poi a sapere della relazione con sua figlia non si oppone nuovamente alla loro carcerazione.
Blevins viene assassinato a sangue freddo, sotto gli occhi della polizia, dal fratello di colui che aveva ucciso. I due vengono invece portati in un durissimo carcere messicano, dove più volte rischiano di venire uccisi dagli internati, nell’indifferenza delle guardie.
Poco dopo che John Grady si trova ad uccidere un uomo che era stato incaricato di assassinarlo, i due riescono ad uscire di prigione: Alejandra ha convinto la sua famiglia a pagare per farli scarcerare, ma in cambio ha dovuto promettere di non vedere mai più John Grady.
O almeno, si vedranno ancora una volta, ma soltanto per dirsi addio.
Il giovane, che non riesce ad accettare la cosa, prima di rientrare in Texas si riappropria dei cavalli (il suo, quello di Rawlins e quello di Blevins) e nel farlo prende in ostaggio il capitano della polizia che aveva assistito compiacente all’assassinio di Blevins.
Dopo una lunga fuga nel deserto messicano, John Grady, ferito gravemente, viene raggiunto da gente del posto, che libera il capitano ma gli consente di andarsene con i cavalli.
Tornato in Texas, riconsegnerà il cavallo a Rawlins, da cui si era separato dopo l’uscita di prigione, e cercherà, invano, di scoprire la vera identità di Jimmy Blevins, per restituire alla sua famiglia quel bellissimo baio.

Un romanzo dalla trama tutto sommato semplice ma che ha i caratteri e lo spirito del racconto epico, grazie alla maestria di un McCarthy ispiratissimo quando si trova a narrare di libertà, così ben rappresentata dalla metafora del cavallo selvaggio.
Lo stile tipico di McCarthy, con una prosa asciutta e i dialoghi incastonati nella narrazione, senza punteggiatura, si sposa perfettamente con questo intreccio che ha il sapore del western, pur in un periodo (il romanzo è ambientato nel 1949) di forti cambiamenti socio-tecnologici.
Ne risulta così una generale sensazione di ponte temporale tra il passato e una modernità che avanza inesorabilmente.
Lo stesso spirito che l’Autore di Providence infonderà, invero con maggiore efficacia, in Non è un paese per vecchi (per il quale vedi qui).

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